Titolo del film:
Mit’ki nikogo ne chotjat pobedit’, ili Mit’kimajer [I Mit’ki non vogliono sconfiggere nessuno, o Mit’kimajer]

Regia: Anatolij Vasil’ev

Sceneggiatura: Vikor Tichomirov, Vladimir Šinkarёv

Direzione artistica (animazione): Aleksandr Florenskij

Musiche: Boris Grebenščikov

Casa di produzione: Troickij most – 48 Časov

Paese di produzione: Federazione Russa

Anno: 1992

* illustrazioni tratte dall’opera Mit’ki (1990).

Descrizione:
Nella seconda metà degli anni Ottanta i Mit’ki sono uno dei gruppi più eccentrici e poliedrici della scena artistica underground di Leningrado. Oltre ai fondatori, gli artisti non conformisti Dmitrij Šagin, Vladimir Šinkarёv, Aleksandr Florenskij, Ol’ga Florenskaja e Viktor Tichomirov, rispondono al nome di Mit’ki anche poeti, scrittori e musicisti, tra cui Boris Grebenščikov, Konstantin Kuzminskij, Viktor Coj, Aleksej Chvostenko.
La tradizionale tel’njaška, maglia a righe orizzontali tipica dei marinai russi, è il loro tratto distintivo, una vera e propria uniforme. Alla base del loro credo, principi estetici impregnati di quotidianità e alcool, che trasformano i membri del gruppo in autentiche leggende, capostipiti di un fenomeno di massa che durerà fino al 2008, quando Vladimir Šinkarёv ne annuncerà pubblicamente la fine, culminata nel suo libro Konec Mit’kov (La fine dei Mit’ki) del 2010.
In questa sede è posto l’accento sulla versatilità e la propensione all’ibridazione tra letteratura e media audiovisivi che fin dagli esordi caratterizzano il gruppo, partendo dal confronto tra l’omonima opera in otto parti Mit’ki, scritta e pubblicata in Samizdat tra il 1984 e il 1990 da Vladimir Šinkarёv e il film di animazione in stop-motion Mit’ki nikogo ne chotjat pobedit’, ili Mit’kimajer (I Mit’ki non vogliono sconfiggere nessuno, o Mit’kimajer) diretto da Anatolij Vasil’ev nel 1992 e ispirato al libro di Šinkarёv.
Nel confronto verranno evidenziati tre temi tra i più rappresentativi del movimento: l’estetica del fallimento, l’alcolismo e il rapporto dei Mit’ki con il sesso.
In Mit’ki, la penna velenosa di Vladimir Šinkarёv traccia per la prima volta la grottesca caricatura del suo ‘bratuška’ Dmitrij Šagin, frontman del movimento, che deve, infatti, il nome Mit’ki al nomignolo Mitja, Mit’ёk, con cui egli era chiamato dal padre, Vladimir Šagin, artista appartenente al circolo leningradese degli Aref’evcy.
L’unicità e l’originalità dei Mit’ki risiede nel loro tentativo di trasformare la propria esistenza in un progetto estetico: la vita quotidiana si sovrappone indissolubilmente a quella creativa, e il confine tra queste due realtà della loro esistenza diventa sempre più labile, quasi indistinguibile. È proprio questo dualismo ricettivo che alimenta il mito dei Mit’ki fino agli ultimi giorni del movimento.
È importante notare che i Mit’ki sono anche creatori di una propria neolingua di natura composita, arricchita da citazioni cinematografiche, esclamazioni, interiezioni e neologismi, peculiare della loro parlata e mantenuta nella produzione scritta. Esempi in tal senso, molto frequenti nell’opera mit’koviana, sono i nomignoli affettuosi ‘bratuška’, ‘sestrënka’, le esclamazioni ‘ëlki-palki’ e il neologismo ‘šmudak’, che indica “electronic devices manufactured outside of Russia that contains the unflattering word for an incompetent or emasculated man (mudak), which itself curiously derives from a term denoting male genitalia (mudé)” (cf. Michajlovič 2018: 88).
L’opera Mit’ki, manifesto e bibbia del movimento, è suddivisa in otto parti e si configura come un connubio riuscito di parole e immagini, un collage di esperimenti linguistici, aneddoti grotteschi, elenchi di regole comportamentali e rituali alcolici, accompagnati da vignette in puro stile mit’koviano.
Mit’ki nikogo ne chotjat pobedit’, ili Mit’kimajer è il primo lungometraggio sperimentale animato in stop-motion realizzato dal gruppo. Il film di animazione postmoderno è diretto da Anatolij Vasil’ev, con una sceneggiatura scritta a quattro mani da Vladimir Šinkarёv e Viktor Tichomirov. La scenografia e la direzione artistica sono di Aleksandr Florenskij e infine le musiche di Boris Grebenščikov, leggendario leader del gruppo rock Akvarium, il quale scrive per il lungometraggio le canzoni Šinkarëvskij romans (La romanza di Šinkarёv) e Serdce (Cuore), incluse nell’album Čubčik (Frangetta) del 1996.
Sebbene il film in nove capitoli sia un prodotto strettamente legato a realia russo-sovietici e fedele all’umorismo mit’koviano, a livello formale si presenta simile ai cortometraggi animati sperimentali del gruppo britannico Monty Python, e in particolare al primo cortometraggio animato in stop-motion Story Time realizzato nel 1968 da Terry Gilliam, uno dei membri del gruppo.
Nel film Mit’kimajer si rileva l’impiego di diverse tecniche stilistiche di animazione: l’animazione cut-out, che permette la realizzazione di collage utilizzando ritagli di carta poi fotografati in sequenza, al fine di creare l’illusione del movimento; il found footage, che prevede il riutilizzo di materiale già girato, decontestualizzato e inserito in un nuovo contesto filmico, e le didascalie che rimandano ai lavori dell’avanguardia: tutto mostrato al pubblico con un ritmo alternato. Il protagonista del film è il milionario americano Mister Majer, che, dopo aver letto il libro Mit’ki di Šinkarёv, rinuncia alla sua esistenza capitalista e alla sua ricchezza per trasferirsi in Russia e diventare un mit’ёk. La definizione “aestethics of failure” (estetica del fallimento) viene proposta da Aleksandr Michajlovič, autore della monografia “Mit’ki” i iskusstvo postmodernistskogo protesta v Rossii (I Mit’ki e l’arte della protesta postmodernista in Russia) pubblicata per la prima volta in USA nel 2018, e proposta in lingua russa nel 2021.

Locandina del film di animazione “Mi’ki nikogo ne chotjat pobedit’ ili Mit’kimajer” (1992).

In un’ottica antipatriottica, i Mit’ki presentano agli spettatori/lettori un eroe che, in realtà, è un antieroe macchiettistico, destinato alla parodia, così da distruggere con il loro umorismo la rigida retorica dell’eroe sovietico. A tal proposito, uno degli aneddoti più noti della mitologia del movimento, descritto sia nell’opera che nella trasposizione cinematografica, esprime proprio questo concetto e ne rafforza il mito: una donna sta annegando e un mit’ёk, pur non sapendo nuotare, decide di tuffarsi in mare per salvarla. Il mit’ёk muore ignorando il suo istinto primordiale di autoconservazione. I tre personaggi che si cimentano nell’impresa sono un americano, un francese e il mit’ёk, che nel film vengono introdotti da un breve montaggio di immagini stereotipate dei loro paesi d’origine raffiguranti capi di stato, denaro, scrittori e icone pop. I cammei sono presentati dalla voce narrante e integrati da didascalie che forniscono maggiori dettagli sui personaggi.
Sia nell’opera che nel film la reiterazione dell’invito del capitano della nave “Ženščina za bortom! Kto spasët ženščinu?” (Donna in mare! Chi salverà la donna?) crea suspense e un senso di tensione e attesa nello spettatore/lettore, infine spiazzato dal tragicomico epilogo dell’episodio.”
La seconda tematica che popola il microcosmo mit’koviano è legata all’alcool e al suo culto, peculiarità e forza trainante del gruppo, almeno fino all’inizio degli anni Novanta, quando i fondatori decidono di disintossicarsi.”
Nel capitolo dell’opera dal titolo Počemu mit’kovskaja kul’tura poka ne idёt semimil’nymi šagami (Perché la civiltà dei Mit’ki non fa ancora passi da gigante) si afferma che l’alcool rappresenta l’unico possibile motivo di litigio nella loro esistenza idilliaca. L’alcool svolge, quindi, un ruolo contraddittorio nelle dinamiche intrinseche del gruppo: da un lato è un possibile pomo della discordia, dall’altro, un ramo d’ulivo, come accade nel caso di Aleksandr Florenskij e Anatolij Vasil’ev, regista di Mit’kimajer: “(…) era stato inviato in mio soccorso il regista di animazione Anatolij Vasil’ev, un ottimo specialista, ma con visioni estetiche totalmente differenti (dalle mie). Per poco non stavamo per separarci da lui, quando è venuto fuori che avevamo qualcosa in comune: l’amore per l’alcool. Ed è così che siamo andati d’accordo” (cf. Princeva, Sandalov, Semendjaeva 2014).”
Il consumo di alcool è inteso anche come una protesta eroica contro il potere sovietico, soprattutto durante il periodo del proibizionismo di Gorbačёv. Infatti, è accluso a Mit’kimajer un cortometraggio intitolato Nostal’gija (Nostalgia) del 1991, in cui le etichette di bevande alcoliche del periodo della Stagnazione si susseguono in un montaggio accompagnato da una musica lenta e patetica, a simboleggiare la nostalgia dei membri del gruppo per la bottiglia. Infine, l’alcool ha il potere sia di rafforzare il mito dei Mit’ki grazie alla creazione di aneddoti macchiettistici e spesso paradossali, sia di danneggiarlo con la sua assenza. Infatti, la disintossicazione dei membri, a cui si è accennato in precedenza, compromette l’immagine del gruppo intaccandone la credibilità, con conseguente perdita di seguaci, traditi negli ormai assimilati ideali mit’koviani: ciò a conferma del fatto che i seguaci dei Mit’ki spesso non erano in grado di distinguere i personaggi fittizi dalle loro controparti in carne ed ossa.
La terza e ultima tematica, legata a filo doppio alle precedenti, riguarda il comportamento del mit’ёk con l’altro sesso. Anche questa sfera della loro esistenza è permeata dal mito.
I Mit’ki affermano di essere asessuati ma, paradossalmente, sono sposati e hanno figli. Nonostante il sesso non sembri essere una priorità dei componenti del gruppo, in quanto “notoriamente asessuati, tanto da vantarsene” (cf. Šukan 1990: 51), è presente sia nel testo sia nel lungometraggio, dove l’argomento è presentato nel settimo capitolo intitolato Mit’ki i seks (Mit’ki e il sesso).
In merito all’interrelazione tra il principio di fratellanza (bratstvo), assioma fondante del gruppo, e il sesso, Šinkarёv nell’opera sottolinea come “le relazioni estreme tra uomo e donna quasi inevitabilmente attraversano una fase sessuale e così degenerano in matrimoni, tragedie ecc. (…)” (cf. Ivi: 45). Pertanto, il mit’ёk, al fine di preservare il rapporto esclusivo di fratellanza con i propri compagni, “trasferisce la libido su qualcos’altro” (cf. Ibidem). In quest’ottica, il sesso è percepito come una minaccia al principio fraterno che regola il gruppo e, per questo motivo, passa inevitabilmente in secondo piano. Inoltre, sembra che sussista una divisione di genere piuttosto marcata all’interno del gruppo, in quanto con il termine ‘mit’ёk’ si fa riferimento ai membri di sesso maschile, mentre personalità come Ol’ga Florenskaja, attiva fin dagli esordi del movimento, sono definite ‘sestrënki’. Nel mondo dei Mit’ki, le donne, in particolare le mogli, sembrano essere destinate a prendersi cura della famiglia, come anche di tutto il resto. A loro volta, gli uomini sembrano svincolarsi dalle incombenze della quotidianità, subendo così una minore tensione sociale che permette loro di bere e “fraternizzare”. Questa divisione di genere appare coerente con la loro concezione dell’eroe, che non rispecchia i canoni cari all’immaginario collettivo, e con il loro totale (apparente) disinteresse per la sfera sessuale.
Nel frammento pubblicato sul sito ufficiale dei Mit’ki dal titolo Alkogol’ v seksual’noj žizni mit’kov (L’alcool nella la vita sessuale dei Mit’ki) (cf. Šuljachovskaja 1992), viene sottolineato il ruolo fondamentale assunto dall’alcool nella sfera erotica del gruppo. Infatti, “l’erotismo dei Mit’ki è direttamente legato all’alcool. Alcuni Mit’ki sistematicamente smettono di bere. E così anche la loro vita erotica svanisce” (cf. Ibidem).

Marta Capossela
[31 dicembre 2022]

Bibliografia

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Cita come:
Marta Capossela, Mit’kimajer. Sulla trasposizione cinematografica dell’opera “Mit’ki” di Vladimir Šinkarёv, in Voci libere in URSS. Letteratura, pensiero, arti indipendenti in Unione Sovietica e gli echi in Occidente (1953-1991), a cura di C. Pieralli, M. Sabbatini, Firenze University Press, Firenze 2021-, <vocilibereurss.fupress.net>.
eISBN 978-88-5518-463-2
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