Il samizdat bielorusso fu un fenomeno più contenuto e di gran lunga meno influente rispetto a quello russo, ucraino o lituano. Eppure, la sua esistenza ha rivestito un certo ruolo nella vita politica e culturale della Repubblica Socialista Sovietica Bielorussa: la letteratura non pensata per essere pubblicata non ha mai cessato di esistere nella Bielorussia sovietica, così come nel resto dell’Unione.
È ampiamente noto che Nikolaj Glazkov, il poeta russo cui si deve il conio del termine “samizdat”, fece circolare i suoi dattiloscritti a cavallo fra gli anni Quaranta e Cinquanta. Nello stesso periodo, Nil Hilevič (allora studente della Facoltà di Pedagogia di Minsk) pubblicò il suo poema Paboišča (La battaglia), che descriveva lo scontro tra un gruppo di studenti e dei giovani operai (cf. Hilevič 2008: 89-93). Il poema, senza dubbio impubblicabile, ebbe tuttavia una certa popolarità tra i suoi compagni di corso. In seguito, gli ambienti studenteschi continuarono a fungere da vivaci fucine di poesia “non pensata per la pubblicazione”: nel 1962, un gruppo di studenti dell’Università Statale bielorussa dette vita a una raccolta di poesie erotiche intitolata Novyj dekameron (Il nuovo Decameron); sul finire degli anni Sessanta Ivan Klimiankoŭ mise in versi le sue avventure nella stessa università.
Nel samizdat bielorusso manca una rivista di lunga durata come “Chronica tekuščich sobytij” (Cronaca degli avvenimenti correnti) o “Lietuvos katalikų bažnyčios kronika” (Cronaca della Chiesa Cattolica in Lituania). Le riviste duravano non più di un paio d’anni. La prima fu, probabilmente, “Padsniežnik” (Il bucaneve), una rivista manoscritta prodotta da Mikoła Jermałovič negli anni 1963-1964. Tra il 1975 e il 1976 Jermałovič dette nuovo impulso alle sue attività in samizdat con una pubblicazione intitolata Hutarka (Conversazione), che fu distribuita in alcune copie realizzate dall’artista Jaŭhien Kulik. In molti casi le pubblicazioni samizdat furono confiscate dal KGB, per non ritornare mai più ai loro autori o proprietari. È questo il caso dell’almanacco manoscritto di Navapolack intitolato Błakitny lichtar (La lanterna blu, 1971-1974), i cui numeri furono interamente requisiti dal KGB (gli autori che non avessero interrotto le proprie attività furono minacciati di persecuzione: cf. Mudroŭ 2005: 6-42). Una significativa crescita del samizdat letterario, ivi compresi i periodici, si registrò negli ultimissimi anni della “stagnazione” (1982-1984). Vanno ricordati “Mistyka” (Hrodna, 1982-1983), “Idiot” (Viciebsk, attivo dal 1983), “Nabojni” (Slonim, 1984). Tutte queste pubblicazioni conobbero una tiratura esigua e furono distribuite nelle cerchie amicali, così da eludere le persecuzioni del KGB. Nel 1998 fu pubblicato un catalogo delle riviste bielorusse in samizdat (Łaŭryk e Androsik 1998), che, molto probabilmente, è ben lungi dall’essere completo: alla generale carenza di studi sul samizdat bielorusso si deve, ad esempio, l’assenza totale di samizdat religioso nella prima parte del catalogo (dedicato agli anni 1971-1987). Nel catalogo non figura neppure il samidat bielorusso di matrice ebraica (anche se è probabile che il samizdat ebraico nella Bielorussia del periodo sia rappresentato soltanto da pubblicazioni non periodiche).
Tra le opere in samizdat più rilevanti vanno ricordate Pa sladach adnaho mifa (Sulle tracce di un mito, 1968) del già citato Mikoła Jermałovič, Položenie v Belorusi (Situazione in Bielorussia, 1974) di Hienrych Rakutovič (psudonimo di Zianon Pazniak), Pis’mo russkomu drugu (Lettera ad un amico russo), di Alaksiej Kaŭka, scritto nel 1977, circolata in forma anonima, con traduzione inglese pubblicata a Londra nel 1979 e Rodnaje słova i maralna-estetyčny prahres (La parola nativa e il progresso nella morale e nell’estetica) di Aleh Biembiel, scritta nel 1984 e pubblicata a Londra nel 1985. Gli autori di queste opere si battevano o per la storia bielorussa, lottando contro le sue falsificazioni reali o immaginate (come nel caso di Jermalovič), o per la lingua bielorussa, difendendo quest’ultima dall’oblio e schierandosi a favore di scuole e libri in bielorusso. Diversi articoli circolarono in samizdat per opera del più celebre dissidente bielorusso Michaś Kukabaka, i cui lavori, tuttavia, furono poco noti nella Bielorussia degli anni Settanta, poiché la maggior parte dei suoi lettori viveva in Russia o in Occidente.
Probabilmente l’opera più celebre del samizdat letterario fu Skaz pra Łysuju haru (Il racconto del Monte Calvo, anni Settanta) di Nil Hilevič, circolato in forma anonima. Questo poema satirico, che descrive le dacie (abitazioni estive) dei membri dell’Unione degli Scrittori residenti a Minsk, è pieno di battute politicamente corrette su come certi scrittori avevano sistemato i loro appezzamenti di terreno. Tuttavia, in Bielorussia esso non fu pubblicato prima degli ultimi anni Ottanta (cf. Hilevič 2008: 209-216).
Circolò parzialmente in samizdat anche la poesia di Łarysa Hienijuš, sebbene quest’ultima ebbe anche pubblicazioni ufficiali. Łarysa Hienijuš produsse inoltre un’autobiografia dove descriveva con dovizia di particolari il periodo trascorso nel GULAG: l’opera ebbe tuttavia una diffusione molto limitata prima della sua pubblicazione ufficiale nel 1990.
Similmente ai periodici, il samizdat letterario non periodico conobbe un certo incremento sul finire della “stagnazione”. Così, Aleksandr Kozik (noto in seguito come Aleś Arkuš) realizzò a Žodzina una raccolta dei suoi versi, Dychanija (Respiri, 1983; cf. Arkuš 2007: 3-4), mentre Aleksandr Romanov pubblicò a Hrodna una raccolta di racconti brevi di carattere ironico intitolata Proletarii ducha (Proletari dello spirito, 1984).
Come per i periodici, anche per il samizdat non periodico occorre menzionare a parte il samizdat religioso ed il samizdat ebraico, per i quali, ad oggi, non vi è stata alcuna sistematizzazione. Esempio eclatante di samizdat religioso è un volume (molto denso), Svidetel’stvo obvinenija (Testimonianza dell’accusa), scritto da un diacono ortodosso, Vladimir Rusak. Il libro, che descriveva le persecuzioni della Chiesa russa ortodossa da parte dei Bolscevichi e che costò al suo autore la condanna a due anni di reclusione, fu scritto e diffuso da Mosca, ma Rusak nacque e crebbe in Bielorussia, dove prestò servizio come prete tra gli anni 1982-1984.
I documenti samizdat individuali prodotti in Bielorussia o altrove, ma comunque descriventi la situazione nel paese, sono relativamente abbondanti e possono essere rintracciati nella collezione intitolata “Archiv samizdata Radio Svoboda” (Archivi del samizdat di Radio Svoboda). Sia la “Cronaca degli avvenimenti correnti” che “La Cronaca della Chiesa Cattolica in Lituania” fornirono piuttosto spesso resoconti sulla situazione in Bielorussia.
Ulteriori contributi riferibili alla Bielorussia si trovano all’interno di altre pubblicazioni prodotte per essere diffuse in ogni parte dell’Unione: accanto al samizdat locale, in Bielorussia circolò piuttosto ampiamente il samizdat di matrice russa. Tra coloro che organizzavano le copiature del samizdat russo vanno menzionati Mikoła Jakimovič (Minsk, dal 1975 in poi) e Naum Nim (Viciebsk, fine anni 1970 – inizio anni 1980). Anche il samizdat ucraino esercitò una certa influenza. Ad esempio, l’opera di Ivan Dziuba Internationalism or Russification (Internazionalismo o russificazione), del 1965 e pubblicato a Londra nel 1968, fece un’ottima impressione sia su Nil Hilevič (cf. Hilevič 2008: 194-198) che su un gruppo di intellettuali membri della Accademia delle Scienze Bielorussa.
Oltre ai periodici e alle opere, circolò in samizdat anche altro genere di pubblicazioni. Per esempio, l’artista Uładzimir Krukoŭski realizzò delle cartoline successivamente riprodotte in tamizdat per opera degli emigrati bielorussi. Nel marzo 2018 a Greifswald (Germania) la studiosa bielorussa Tatsiana Astrouskaja ha discusso la sua tesi di dottorato dal titolo Tra dissenso e conformismo, tra non sottoposto a censura ed ufficiale. L’intelligencija, il samizdat e i discorsi non conformisti nella Repubblica socialista sovietica bielorussa (1968-1988). Non appena dalla tesi verrà tratta una monografia sarà possibile acquisire ulteriori informazioni sul samizdat bielorusso del periodo (cf. Astrouskaya 2019).
Uladzimir Valodzin
[30 giugno 2021]
Traduzione di Cecilia Martino
Bibliografia
- Arkuš A., Askiepki vialikaha malunku, Łohvinaŭ, Miensk 2007.
- Astrouskaya T., Cultural Dissent in Soviet Belarus (1968-1988): Intelligentsiia, Samizdat and Nonconformist Discources, Harrassowitz, Wiesbaden 2019.
- Dziarnovič A. (a cura di), Nonkanfarmizm u Biełarusi, 1953-1985: Daviednik. Tom 1, Athenaeum, Miensk 2004.
- Hardzijenka N., Sciepanienka P. (a cura di), Michaś Kukabaka, Centr dasledvanniaŭ hramadzianskaj supolnasci Biełarusi, Miensk 2016.
- Hilevič N., Zbor tvoraŭ u 23 tamach. Tom 23. Miž rospačču i nadziejaj. Abrys projdzienaha šlachu ŭ śviatle adnoj mary, Naša budučynia, Vilnia 2008.
- Łaŭryk J., Androsik L. (a cura di), Pazacenzurny peryjadyčny druk Biełarusi (1971-1990): Kataloh, BHAKC, Miensk 1998.
- Mudroŭ V., Pieratvoranyja ŭ popieł: ese, fantasmahoryi, uspaminy, Łohvinaŭ, Miensk 2005.
Cita come:
Uladzimir Valodzin, Il samizdat bielorusso (anni ’60 – primi anni ’80), in Voci libere in URSS. Letteratura, pensiero, arti indipendenti in Unione Sovietica e gli echi in Occidente (1953-1991), a cura di C. Pieralli, M. Sabbatini, Firenze University Press, Firenze 2021-, <vocilibereurss.fupress.net>.
eISBN 978-88-5518-463-2
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