Funerali di Anna Achmatova. 10 marzo 1966. Foto di B. Švarcman.

Date: prima metà degli anni Sessanta

Luogo: Leningrado

Frequentatori: Iosif Brodskij, Dmitrij Bobyšev, Anatolij Najman, Evgenij Rejn, Viktor Krivulin, Sergej Dovlatov e altri

Descrizione:
L’ultima abitazione leningradese di Anna Achmatova si trovava su ulica Lenina, al civico 34, dove, in un appartamento condiviso, la scrittrice poteva disporre di una camera adibita anche a studio. Proprio tra quelle mura presero a ritrovarsi con una certa regolarità poeti e letterati che nell’ultima rappresentante in vita del Secolo d’argento vedevano un modello unico con cui potersi confrontare. Tra i giovani habitué dell’appartamento sono da ricordare soprattutto coloro che dopo la morte di Achmatova, avvenuta nel 1966, sarebbero passati alla storia come gli Achmatovskie siroty (orfani dell’Achmatova): Dmitrij Bobyšev, Anatolij Najman, Evgenij Rejn e Iosif Brodskij. Se il più celebre tra i quattro è senza dubbio quest’ultimo, il poeta per ragioni stilistiche a lei più vicino fu probabilmente Bobyšev (cf. Sabbatini 2008: 58), ideatore in un articolo successivo anche della fortunata denominazione di Achmatovskie siroty (cf. Savickij 2002: 137). Ciascuno dei quattro poeti risultò però profondamente influenzato dalla personalità e dall’opera di Achmatova, esponente di spicco, negli anni Dieci, del movimento acmeista insieme al primo marito Nikolaj Gumilëv, fucilato nel 1921 dai bolscevichi. Ricorda lo stesso Bobyšev: “Era l’incontro con una cultura reale. […] Achmatova in qualche modo fu capace di farci intendere che attraverso di lei potevamo sentire la cultura mondiale nella sua concreta realtà, con il suo passato e persino con il suo futuro” (Dolinin 2003: 84).
Il rapporto di affetto e di stima era d’altra parte reciproco, tanto che nel 1962 la matrona della poesia russa scelse come segretario letterario personale uno dei quattro giovani, Anatolij Najman (cf. ibid.), insieme al quale realizzò diverse traduzioni (tra cui quella dei Canti di Giacomo Leopardi). Il gruppo è conosciuto anche con la denominazione di Volšebnyj chor (Coro magico), formula foggiata dalla stessa Achmatova per la rilevanza che a suo giudizio l’opera di quei poeti ricopriva nel pur ricco panorama dell’epoca. Vicini ai componenti della Filologičeskaja škola, a cui erano legati da rapporti di amicizia (cf. Savickij 2002: 137) più che da un sodalizio artistico, gli ‘orfani’ costituiscono quella che è stata definita la ‘linea neoacmeista’ della poesia russa, un fronte dalle caratteristiche stilistiche ben definite, lontane dagli arditi sperimentalismi di altri poeti e scrittori dell’epoca quali Vladimir Ėrl’, Kostantin Kuz’minskij o Aleksandr Kondratov.

Federico Iocca
[30 giugno 2021]

Bibliografia

  • Dolinin V., Ivanov B., Ostanin B., Severjuchin D. (a cura di), Samizdat Leningrada. Literaturnaja ėnciklopedija, Novoe Literaturnoe Obozrenie, Moskva 2003.
  • Sabbatini M., “Quel che si metteva in rima”: cultura e poesia underground a Leningrado, Collana di Europa Orientalis, Salerno 2008.
  • Savickij S., Andegraund. Istorija i mify leningradskoj neoficial’noj literatury, Novoe Literaturnoe Obozrenie, Moskva 2002.

Versione aggiornata di: Iocca F., Casa di Anna Achmatova, in C. Pieralli, T. Spignoli, F. Iocca, G. Larocca, G. Lo Monaco (a cura di), Alle due sponde della cortina di ferro. Le culture del dissenso e la definizione dell’identità europea nel secondo Novecento tra Italia, Francia e URSS (1956-1991), goWare, Firenze 2019: 351-352.

Cita come:
Federico Iocca, Casa di Anna Achmatova, in Voci libere in URSS. Letteratura, pensiero, arti indipendenti in Unione Sovietica e gli echi in Occidente (1953-1991), a cura di C. Pieralli, M. Sabbatini, Firenze University Press, Firenze 2021-, <vocilibereurss.fupress.net>.
eISBN 978-88-5518-463-2 © 2021 Author(s)
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