Char’kov, 1938
Anatolij Ivanovič Korjagin è un medico psichiatra, attivista per i diritti umani che ha combattuto contro l’abuso della psichiatria a scopi politici in URSS. Finiti gli studi all’istituto medico di Krasnojarsk nel 1963 ha iniziato a lavorare come psichiatra in diversi ospedali, finendo poi in quello della sua città natale, Char’kov (cf. Moskovskaja Chel’sinskaja Gruppa 1981a; Karasik 2005). Nel 1970 fu ammesso al dottorato in scienze mediche presso l’Istituto di ricerca scientifica di neurologia e psichiatria di Char’kov, concludendo il suo percorso con la discussione della sua tesi di dottorato sul trattamento della schizofrenia (cf. Moskovskaja Chel’sinskaja Gruppa 1981a).
A partire dal 1979 iniziò a collaborare con la Commissione di lavoro per indagare l’uso della psichiatria a scopi politici (Rabočaja komissija po rassledovaniju ispol’zovanija psichiatrii v političeskich celjach), un gruppo d’inchiesta istituito dal Gruppo Helsinki di Mosca, una delle prime organizzazioni non governative sovietiche impegnata nella difesa dei diritti umani in URSS (cf. ibid.).
In qualità di consulente, Korjagin esaminò numerosi casi di dissidenti, in parte tra coloro che erano stati da poco rilasciati dagli ospedali psichiatrici e in parte tra coloro che rischiavano di esservi reclusi (cf. Nightingale-Stover 1985). Tra questi, secondo la sua perizia psichiatrica, nessuno presentava condizioni mediche che richiedessero l’internamento o il trattamento psichiatrico (cf. ibid.). I risultati del suo lavoro di consulenza psichiatrica furono pubblicati nell’aprile del 1981 sulla rivista scientifica “The Lancet”, in cui Korjagin scriveva a chiare lettere: “In my capacity as consultant psychiatrist to the Working Commission to Investigate the Use of Psychiatry for Political Purposes, I examined a number of people who had undergone compulsory treatment in ordinary and special (i.e., prison) psychiatric hospitals on several occasions. These people were involved with the psychiatric service, although when I examined them, they showed no signs of psychiatric illness, psychic defects, or psychopathy. Furthermore, a study of their life histories leads to the conclusion that they had not previously shown any signs of mental disorder, therefore, these people must be considered psychologically healthy. (…) All the people I examined had joined the ranks of the mentally ill because they did or said things which in our country are considered “anti-Soviet”. Some had tried to leave the USSR by crossing the frontier or asking for asylum at foreign embassies; some circulated leaflets with appeals or poems; others stated that they disagreed with the existing order in the country and described how their economic, religious, and other civil rights had been flouted by the administration at their place of work and by Party and government institutions” (Koryagin 1981).
A causa dell’attività di denuncia degli abusi a livello internazionale, l’esperienza della Commissione non era destinata a durare e l’aperta opposizione del governo non si fece attendere a lungo: nel giro di un anno (febbraio 1980-febbraio 1981) tutti i membri della Commissione di lavoro furono arrestati, ponendo fine, con l’arresto di Korjagin, alla breve ma fondamentale attività della Commissione per la difesa dei diritti umani in URSS (cf. Clementi 2007: 246; Alekseeva 2016: 76). La collaborazione di Korjagin con la Commissione di lavoro aveva fin da subito comportato delle conseguenze: nell’estate del 1979, G. Nikitin – primario dell’ospedale di Char’kov – e N. Zederej – amministratore della sezione metodico-organizzativa (orgometodotdel) – avevano picchiato Korjagin perché “aveva detto di non sopportare i comunisti e il potere sovietico” (Chronika tekuščich sobytij 1981a), definendolo un dissidente (dissident), un rinnegato (otščepenec) e un traditore (predatel’) (ibid.). Nel dicembre dello stesso anno, Korjagin era stato fermato e perquisito alla stazione di Char’kov senza alcuna spiegazione (ibid.). Inoltre, nel settembre del 1980, la polizia politica ucraina – l’UKGB (Ukrainskij komitet gosudarstvennoj bezopasnosti) – aveva effettuato una perquisizione nel suo appartamento, requisendo le lettere personali, alcuni manoscritti di articoli scientifici, delle bozze di documenti relativi alle analisi dei pazienti e la macchina da scrivere (cf. Moskovskaja Chel’sinskaja Gruppa 1981b). E quando nel febbraio del 1981, durante un’assemblea tenutasi a Char’kov, Nikitin aveva denunciato pubblicamente l’operato di Korjagin all’interno della Commissione di lavoro del Gruppo Helsinki di Mosca – definendo la sua attività “antisovietica, ostile al governo, indegna per un cittadino e un medico” (Chronika tekuščich sobytij 1981a) – era chiaro che anche per Korjagin era giunto il momento di fare i conti con le autorità. Il suo arresto avvenne infatti pochi giorni dopo (13 febbraio) e non era certo giunto come una sorpresa, visto che tutti gli altri membri della Commissione erano già stati arrestati e condannati (cf. ibid.). Poco dopo il suo arresto venne diffusa una dichiarazione che Korjagin aveva scritto tempo prima, in previsione che quel giorno sarebbe presto giunto: “Nel caso di un mio arresto e della presentazione di un’inchiesta contro di me secondo uno qualsiasi degli articoli del codice penale chiedo di pubblicare la mia seguente dichiarazione: io non ho compiuto alcun reato perseguibile penalmente” (ibid.).
In tal modo intendeva denunciare innanzitutto l’abuso di potere che sapeva sarebbe stato esercitato nei suoi confronti da parte del governo, che lo avrebbe condannato in quanto membro della Commissione (cf. ibid.) In questa dichiarazione protestò anche contro il fatto che il suo operato di medico e di psichiatra sarebbe stato giudicato non da professionisti, ma da rappresentanti del KGB o della procura, che erano da ritenersi decisamente non competenti in materia (cf. ibid.). Infine, dichiarava che, con ogni probabilità, la sentenza dell’eventuale processo a suo carico sarebbe stata decisa in anticipo, e, pertanto, si sarebbe rifiutato di prendervi parte per protestare contro l’illegalità vigente in URSS (cf. ibid.).
Il processo a suo carico si tenne a Char’kov e durò tre giorni (3-5 giugno 1981). Korjagin era accusato di aver prodotto e diffuso una serie di articoli e materiali nei quali veniva “diffamato il potere sovietico e il PCUS” (Moskovskaja Chel’sinskaja Gruppa 1981b) e il cui contenuto era ritenuto “malevolo e calunnioso” (ibid.), tra cui figuravano la pubblicazione dell’articolo Pacienty ponevole (Pazienti per forza) sulla rivista tamizdat “Posev” (febbraio 1981); la produzione di lettere, appunti e documenti che diffamavano il potere sovietico, il sistema socialista e il PCUS; il possesso di riviste straniere, libri, lettere e riproduzioni di libri dello stesso tenore (cf. ibid.). Per quanto riguardava il secondo capo d’accusa, ovvero il possesso illegale di armi da fuoco, Korjagin era accusato della cessione di una pistola al cognato con lo scopo di proteggere sua sorella (cf. ibid.). Durante il primo giorno dell’udienza Korjagin si rifiutò di rispondere alle domande personali, ribadendo la sua posizione con fermezza: “Io non mi reputo colpevole e mi rifiuto di parlare, poiché questo non è un processo, ma una punizione per la partecipazione alla Commissione di lavoro… Desidero dare una valutazione al giudizio dell’accusa, rispondere in merito a due questioni: la reclusione in prigione e l’indagine – e tenere un discorso conclusivo […]” (Chronika tekuščich sobytij 1981b).
Durante la sua arringa difensiva, dopo aver denunciato le condizioni di tortura fisica e psicologica a cui era stato sottoposto in seguito al suo arresto e la brutalità delle autorità carcerarie (cf. ibid.), si difese dalle accuse di propaganda e agitazione antisovietica, evidenziando l’assenza di prove concrete e concluse il suo discorso rimarcando l’illegalità e l’ingiustizia dell’inchiesta e del processo ai suoi danni, creati ad hoc per punire la sua collaborazione con la Commissione di lavoro (cf. ibid.): “[…] io dichiaro che non accetterò mai l’attuale situazione nel nostro paese, dove persone sane di mente vengono rinchiuse in ospedali psichiatrici per il desiderio di pensare indipendentemente. Io so che mi attendono lunghi anni di isolamento fisico, umiliazioni e dileggio. Vado incontro a tutto questo consapevolmente, nella speranza che ciò apra ad altri la possibilità di vivere liberamente” (ibid.).
A Korjagin fu comminata una pena di quattordici anni (sette anni in campo di lavoro e cinque al confino per propaganda e agitazione antisovietica, più due anni per possesso illegale di armi da fuoco), anche se in seguito rimase in prigione dal 1981 al 1987. Per scontare la sua pena fu dapprima inviato al campo di lavoro per prigionieri politici di Perm’ e, in seguito – per scontare un’ulteriore condanna di tre anni per aver partecipato alla rivolta dei prigionieri politici del campo contro le amministrazioni locali – fu trasferito alla prigione di Čistopol’, dove fece vari scioperi della fame in segno di protesta (cf. Moskovskaja Chel’sinskaja Gruppa 1981a). Infine, nel 1986, fu trasferito a Char’kov (cf. ibid.).
Nei giorni successivi al processo a suo carico, la comunità internazionale degli psichiatri diede alle stampe sulla rivista “The Lancet” la traduzione dell’articolo Pacienty ponevole con il titolo Unwilling patients per testimoniare il proprio sostegno al collega sovietico e sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale: tale pubblicazione diede infatti l’avvio ad una campagna di solidarietà che, dalle pagine della rivista, si diffuse in tutto l’Occidente, con il lancio di numerose petizioni e appelli per la sua scarcerazione (cf. Low-Beer 1981; Nightingale-Stover 1985; Bulletin of the Royal College of Psychiatrists, 1985).
Durante gli anni trascorsi in carcere, Korjagin non smise di lottare per la difesa dei diritti dei detenuti politici, facendosi promotore di numerose proteste all’interno del campo di prigionia che gli valsero lunghi periodi in cella di isolamento e angherie da parte delle guardie carcerarie (cf. Perm-36).
Nel 1983, per il suo contributo alla lotta contro l’uso della medicina per scopi repressivi, Korjagin ha ottenuto in absentia l’AAAS Award for Scientific Freedom and Responsibility (cf. Nightingale-Stover 1985). Pochi mesi dopo il suo rilascio, insieme alla madre, la moglie e i tre figli, Korjagin emigrò in Svizzera e fu revocata loro la cittadinanza sovietica (cf. Moskovskaja Chel’sinskaja Gruppa 1981a). Nel 1987 fu nominato per il Premio Nobel per la Pace (cf. Smith-Oleszczuk 1996: 241). Dal 1995 Korjagin assieme alla sua famiglia è tornato in Russia, dove si è stabilito a Pereslavl’-Zalesskij (cf. Moskovskaja Chel’sinskaja Gruppa 1981a).
Teresa Lombardi
[30 giugno 2021]
Lavoro tratto dal seminario “Movimento dei diritti civili in URSS” tenuto da Ilaria Sicari (Corso di Letteratura Russa, CdS magistrale in Lingue e Letterature Europee e Americane, Università degli Studi di Firenze, a.a. 2019/2020).
Bibliografia
- Alekseeva L., Istorija pravozaščitnogo dviženija v Rossii. Sovetskij period, Moskovskaja Chel’sinskaja Gruppa, Moskva 2016.
- Bulletin of the royal college of psychiatrists, An Appeal for Dr Anatoly Koryagin to the Medical Profession, “Bulletin of the Royal College of Psychiatrists”, 9 (1985): 224, https://www.cambridge.org/core/journals/bulletin-of-the-royal-college-of-psychiatrists/article/an-appeal-for-dr-anatoly-koryagin-to-the-medical-profession/21D9439B90E32DA935050D5A9E3BF80D, online (ultimo accesso: 30/06/2021).
- Chronika tekuščich sobytij, Arest Korjagina, “Chronika tekuščich sobytij”, 61 (1981a), http://old.memo.ru/history/diss/chr/, online (ultimo accesso: 30/06/2021).
- Chronika tekuščich sobytij, Sud nad Korjaginym, “Chronika tekuščich sobytij”, 62 (1981b), http://old.memo.ru/history/diss/chr/, online (ultimo accesso: 30/06/2021).
- Clementi M., Storia del dissenso sovietico (1953-1991), Odradek, Roma 2007.
- Koryagin A., Unwilling patients, “The Lancet”, 317/8224, April 11 1981: 821-824.
- Krasik S., Koryagin, Anatoly Ivanovych (Biography), “Dissident movement in Ukraine: Virtual Museum”, 2005, http://archive.khpg.org/index.php?id=1113913405, online (ultimo accesso: 30/06/2022).
- Low-Beer G., Anatoly Koryagin, “The Lancet”, 317/8235, June 27 1981: 1426.
- Moskovskaja Chel’sinskaja Gruppa, Arest Anatolija Korjagina, “Moskovskaja Chel’sinskaja Gruppa”, in Istorija. Dokumenty MChG (1976-1982), 162 (1981a), https://web.archive.org/web/20100602200940/http://www.mhg.ru/history/228566C, online (ultimo accesso: 30/06/2021).
- Moskovskaja Chel’sinskaja Gruppa, Sud nad Korjaginym, “Moskovskaja Chel’sinskaja Gruppa”, in Istorija. Dokumenty MChG (1976-1982), 178 (1981b), https://web.archive.org/web/20100602201040/http://www.mhg.ru/history/2289822, online (ultimo accesso: 30/06/2021).
- Nightingale E., Stover E., Call for Koryagin’s Release, “Science”, 230 18 October 1985: 237, https://science.sciencemag.org/content/230/4723/237.1, online: (ultimo accesso: 30/06/2021).
- Perm-36., Korjagin Anatolij Ivanovič, “Memorial Center of the History of Political Repression ‘Perm-36’”, http://perm36.org/en/profile/koryagin-anatolii-ivanovich, online (ultimo accesso: 30/06/2021).
- Polit.ru, Ljudi avgusta 1968…, “Polit.ru”, 2 settembre 2008, https://polit.ru/article/2008/09/02/people68/, online (ultimo accesso: 30/06/2021).
- Smith T., Oleszczuk T., No asylum. State Psychiatric Repression in the Former USSR, MacMillan Press, London 1996.
Cita come:
Teresa Lombardi, Anatolij Korjagin, in Voci libere in URSS. Letteratura, pensiero, arti indipendenti in Unione Sovietica e gli echi in Occidente (1953-1991), a cura di C. Pieralli, M. Sabbatini, Firenze University Press, Firenze 2021-, <vocilibereurss.fupress.net>.
eISBN 978-88-5518-463-2
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