Intervista a Uladzimir Valodzin
a cura di G. De Florio e F. Iocca
«Abbiamo avuto il non conformismo, ma non l’underground»: l’intelligencija a Minsk tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta
Si può parlare di cultura non ufficiale bielorussa in quanto fenomeno? Ci sono stati gruppi, movimenti o eventi che possono entrare in questa concettualizzazione?
Posso dire che abbiamo avuto il non conformismo, ma non l’underground, nonostante sia molto difficile tracciare una ‘linea di demarcazione’ tra questi due concetti. In altre parole, c’è stato un pensiero alternativo, ma c’è stata assai poco una conseguente ritirata verso una realtà parallela; non c’è stata una ‘Seconda cultura’. Se parliamo di decenni, in linea generale il periodo del disgelo era ovviamente più vivace, nonostante il disgelo di provincia fosse molto particolare. D’altra parte gli anni della stagnazione furono anni di profonda elaborazione; su un piano artistico e creativo la stagnazione risultò più ricca, poiché nel momento in cui era impossibile organizzare eventi collettivi, le persone rimanevano nei propri studi a creare ciò che sarebbe poi ‘emerso’ durante la perestrojka. C’erano diversi gruppi, ciascuno con la propria cerchia di conoscenze; alcuni comunicavano tra loro, altri no. Avanguardisti e nazionalisti, per esempio, tra loro non presentavano praticamente alcun punto di contatto.
C’era anche uno strato di persone che erano tornate dai campi di lavoro; negli anni del disgelo queste persone erano importanti, perché portatrici della memoria della letteratura d’avanguardia degli anni Venti. Ricordavano la vita letteraria di quei tempi.
Per l’ambiente letterario e per alcuni artisti Larisa Genijuš fu un importante punto di attrazione. Viveva in provincia, a Zel’va, abitare nelle grandi città non le era permesso. Era apolide (fu privata della cittadinanza cecoslovacca ma non accettò quella sovietica), teneva una corrispondenza con gli emigrati bielorussi, con l’intelligencija bielorussa a Vilnius. Era una rappresentante della cultura nazionale artistica e poetica, per questo andavano a farle visita poeti, scrittori, artisti, ecc.
A proposito, Vilnius è una città estremamente importante per l’intelligencija bielorussa, compresa quella di tipo non conformista. Direi persino più importante di Mosca.
Esiste una bibliografia sulla storia del non conformismo bielorusso?
Finora i lavori e le ricerche su questo tema sono pochi. Ci sono stati diversi tentativi negli anni. Ma non abbiamo ancora una narrazione formulata sulla base di un lavoro scientifico.
Ci fu un tentativo di offrire uno sguardo generale nella Storia della Bielorussia in 6 tomi, in cui si parla del tema in due capitoli.
E ancora, due vademecum sul non conformismo redatti da Oleg Dernovič, usciti nel 1999 e nel 2004, che però non possono certo considerarsi esaurienti.
Esiste un gruppo che sta lavorando sull’argomento, con cui collaboro anch’io: sono aperti e pronti ad aiutare chiunque fosse interessato. I membri di questo gruppo hanno creato un sito meraviglioso: Vytoki (Fonti), https://vytoki.net, dove vengono caricati documenti del samizdat, fotografie, informazioni storiche, ecc.
Quali erano i rapporti tra questi gruppi di scrittori/artisti e la cultura ufficiale bielorussa dell’epoca? In che modo la cultura ufficiale si rivolgeva a questi gruppi culturalmente indipendenti?
Le autorità tenevano d’occhio questi gruppi, c’erano delle persecuzioni, ma il fatto di mettere dentro qualcuno sulla base di articoli politici a causa di opere artistiche, come accadeva a Mosca e a Leningrado, beh questo in Bielorussa non accadeva quasi mai. Ogni caso va considerato a sé, ci sono molte situazioni diverse.
Quali erano i punti di riferimento o modelli estetici più significativi nell’evoluzione della poetica di questi gruppi? Per esempio, l’espressionismo tedesco e il dadaismo da una parte, e l’avanguardia russa (in particolare il futurismo, zaum’ e OBERIU) dall’altra giocarono un ruolo significativo nello sviluppo della poetica di questi gruppi?
La maggioranza del materiale non sottoposto a censura che girava a quei tempi aveva un carattere politico. È un samizdat di tipo politico, per esempio La situazione in Bielorussia di Zenon Poznjak, o Lettera a un amico russo di Aleksej Kavko. Se si parla di ideali estetici, i nazionalisti erano abbastanza conservatori. Erano artisti di successo, erano membri dell’Unione degli Artisti, ricevevano ordinazioni, avevano una situazione ottimale a livello sociale, ma al contempo ragionavano, per così dire, sui ‘destini della patria’, intervenivano per la conservazione dei monumenti storici, ecc.
Non c’erano intersezioni tra questi nazionalisti e i cosmopoliti come, ad esempio, il gruppo di Chadeev. Esistevano intersezioni isolate: qualcuno passava dalla tusovka (gruppetto) di Chadeev ad altre cerchie più conservatrici. Anche Chadeev, per esempio, conosceva molto bene la cultura bielorussa classica, e si occupava della sua interpretazione. Non si può dire che egli fosse distaccato dalla cultura bielorussa; era semplicemente lontano dai nazionalisti; è una cosa diversa.
C’erano diversi tipi di nazionalisti. Si possono citare gli esempi di Zenon Poznjak e Aleksandr Rjazanov. Il primo è un fotografo e un critico d’arte abbastanza conservatore, l’altro è un poeta di punta del modernismo (o sarebbe meglio dire del post-modernismo?). Poiché i suoi libri erano considerati troppo innovatori per gli anni Settanta, rimasero per 5 e 6 anni presso l’editore. Alla fine Rjazanov veniva stampato, persino negli anni della stagnazione, era un membro dell’Unione Scrittori. Rjazanov è il classico esempio dell’intellettuale che saggia costantemente la solidità del sistema e tenta di promuovere le proprie opinioni attraverso canali ufficiali, non interessandosi di samizdat, anche se poteva leggerlo, non partecipando all’underground, benché potesse avere con quello dei contatti. Ossia, un piede di qua e uno di là. Era una situazione comune in Bielorussia. Qualcuno si permetteva di intervenire a favore della conservazione dei monumenti, della lingua bielorussa, ma allo stesso tempo la loro opera veniva molto spesso accettata dalle autorità. Rjazanov da questo punto di vista costituisce un’eccezione, perché egli era davvero un avanguardista. Per quanto riguarda le influenze della cultura russa, è una buona domanda, bisognerebbe chiedere a Rjazanov cosa leggeva, e quando. Di sicuro si appassionò ai futuristi, perché Majakovskij era accessibile, ma non so se in quel momento leggesse Charms e gli altri membri di OBĖRIU.
Posso inoltre citare una storia abbastanza caratteristica che riguarda due attori del teatro russo di Minsk, i quali andarono in tour a Kazan’ verso la fine degli anni Settanta. Lì, nella biblioteca universitaria, trovarono le opere del filosofo e pensatore Nikolaj Fëdorov che non erano finite (o c’erano finite?) nel deposito speciale. Le fotografarono e le trasferirono interamente su rullino, e al ritorno a casa le stamparono per sé. Era un ‘semisamizdat’, una cosa del genere non era proibita, e se li avessero scoperti con quei libri non avrebbero potuto arrestarli. Ma non si sarebbero potuti escludere nemmeno degli inconvenienti. A proposito, uno dei due attori, si chiamava Ėduard Gorjačij, nella prima metà degli anni Sessanta rimase due anni in un campo per diffusione di samizdat per una vicenda con Kim Chadeev, mentre la messinscena di Aspettando Godot di Beckett dove recitava il secondo attore Valerij Šuškevič nel 1968 fu semivietata; fecero intendere in modo chiaro che pièce di quel genere era meglio non allestirle. Era una tipica situazione bielorussa, come se si fosse al confine, ai limiti di ciò che era permesso.
C’erano anche degli autentici dissidenti politici, come Michail Kukobaka, che conosceva i dissidenti moscoviti. Ma questa è un’altra storia.
Esistono legami diretti tra questi gruppi/movimenti bielorussi, e il coevo underground russo e la cultura sovietica non ufficiale?
Mosca era una città a sé, con possibilità di incontrare e frequentare stranieri ben più significative. Minsk era più provinciale. Legami con Mosca e Leningrado ce n’erano, ma ciascun esponente della cultura artistica aveva i propri legami. È molto difficile dire chi tra gli artisti moscoviti o leningradesi abbia influito in maniera considerevole sul processo artistico in Bielorussia. Sarebbe interessante anche indagare su quanto accaduto in architettura negli anni Sessanta e Settanta. Anche perché l’architettura sovietica era in ogni caso orientata al modernismo occidentale; è ovvio che non possa chiamarsi samizdat, considerando che gli architetti non possono certo lavorare nel sottosuolo, no? In architettura quindi l’estetica modernista era ben presente, e le autorità la accettavano in maniera abbastanza serena.
Accade un fatto interessante: gli avanguardisti-architetti di Minsk, sostenitori del modernismo, volevano la demolizione della città vecchia per costruire i propri nuovi edifici sperimentali, mentre gli artisti, che sotto l’aspetto estetico erano dei conservatori, difesero quella città vecchia come uno dei fondamenti dell’identità nazionale. In questo caso chi era il non conformista? Un bel paradosso.
E di artisti non conformisti ce n’erano?
Avevamo artisti non ufficiali, ma divennero gruppi soltanto nella seconda metà degli anni Ottanta. Ce n’erano negli anni Sessanta, ma erano singoli e non si riunivano in qualche cerchia o atelier. Per esempio Vitalij Černobrysov aveva buoni contatti con gli artisti non ufficiali di Leningrado, ma a Minsk non godeva di particolare fama. Alcuni dei giovani artisti anni Sessanta si interessavano a Sutin, tentavano di prendere informazioni sul suo conto, andavano dai suoi genitori a Smilaviči, dove Sutin aveva passato l’infanzia. In quegli anni ci furono alcuni casi, ma la comunità di artisti non conformisti si formò nella seconda metà degli anni Ottanta e negli anni Novanta. Una parte dei non conformisti degli anni Settanta non partecipava alle Unioni ufficiali (per esempio, Andrej Plesanov). C’erano anche artisti più giovani, che negli anni della stagnazione avevano già finito l’istituto, ma fino alla perestrojka rimanevano nel proprio ambiente e qualcosa facevano, si occupavano di qualcosa, ma solo per se stessi. E si fecero conoscere soltanto negli anni della perestrojka. Per esempio, Ljudmila Rusova, Igor’ Kaškurevič.
Ancora un esempio: anche Adam Globus (pseudonimo di Vladimir Adamčik), diplomato all’Accademia delle Arti in pittura, proviene da un ambiente vicino ai non conformisti, ma ha anche fatto una carriera normale. Negli anni Novanta è diventato un uomo d’affari. All’inizio degli anni Ottanta ha organizzato delle aste semiclandestine di arte non conformista. Le autorità vennero a saperlo e gli chiesero di non farlo più, e la questione si chiuse.
Versione aggiornata di: Volodin V., «Abbiamo avuto il non conformismo, ma non l’underground»: l’intelligencija a Minsk tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta, intervista a cura di G. De Florio, F. Iocca, in C. Pieralli, T. Spignoli, F. Iocca, G. Larocca, G. Lo Monaco (a cura di), Alle due sponde della cortina di ferro. Le culture del dissenso e la definizione dell’identità europea nel secondo Novecento tra Italia, Francia e URSS (1956-1991), goWare, Firenze 2019: 117-121.
Cita come:
Uladzimir Valodzin, L’intelligencija di Minsk (1950-1980). Intervista a cura di G. De Florio e F. Iocca, in Voci libere in URSS. Letteratura, pensiero, arti indipendenti in Unione Sovietica e gli echi in Occidente (1953-1991), a cura di C. Pieralli, M. Sabbatini, Firenze University Press, Firenze 2021-, <vocilibereurss.fupress.net>.
eISBN 978-88-5518-463-2
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