Georgij Demidov. Foto ricevuta dalla figlia Valentina Georgevna Demidova.

Autore: Georgij Georgevič Demidov

Anni di redazione: 1956–1980

Anno di prima pubblicazione: 1991

Rivista: “Ogonek”

Luogo di edizioneMosca

Descrizione:
Georgij G. Demidov, nato a Pietroburgo nel 1908, trascorre l’infanzia e la giovinezza a Char’kov. Alla fine della scuola si iscrive all’Istituto di Ingegneria Fisica, dove ben presto si distingue per le sue capacità tecniche e scientifiche, tanto che, ancora prima di terminare gli studi, viene invitato dal fisico Lev Landau a lavorare nel Centro da lui diretto a Leningrado. Questa attività dura una decina di anni (“i più felici della mia vita”, come lo stesso Demidov ricorderà), ma si interrompe con l’arresto nel febbraio 1938. In questo periodo la campagna contro i cosiddetti “nemici del popolo” e contro il gruppo dei fisici è in pieno svolgimento. Lo stesso Landau è arrestato. Secondo il famigerato articolo 58, Demidov è accusato di “attività controrivoluzionaria” e condannato ai lavori forzati nella Kolyma, prima a otto anni, poi ad altri dieci, interrotti solo grazie alla morte di Stalin. Da qualche anno, nello stesso articolo 58 rientrano anche i “familiari dei nemici del popolo”, in base al quale possono essere arrestate e condannate alla deportazione mogli, sorelle, madri degli arrestati. I figli finiranno per lo più nelle “Case dei bambini” (cf. Vilenskij, Kokurin, Atmaškina, Novičenk 2002); un pericolo al quale Demidov, padre di una bambina di pochi mesi, è personalmente sensibile (cf. Demidov 2018).
Durante la prigionia Demidov è costretto a lavorare in condizioni terribili, sotto la costante minaccia di morte per congelamento, malattie, violenza. Con tutto questo non manca di prestare la propria opera anche come tecnico. Tra l’altro, riesce più volte a rimettere in funzione l’impianto elettrico del campo e la macchina per le radiografie nell’ospedale dove è stato ricoverato. È qui che stringe amicizia con Varlam Šalamov, detenuto in servizio come aiuto-infermiere; si tratta di un legame assai complesso e conflittuale che durerà alcuni anni (cf. Demidova 2008). Šalamov descriverà le circostanze della seconda condanna di Demidov nel racconto La vita dell’ingegner Kipreev (cf. Šalamov 1999).
Dopo la morte di Stalin (1953), i prigionieri cominciano a fare domanda di riabilitazione e di autorizzazione a lasciare la Kolyma. Georgij Demidov riesce a ottenerle solo nel 1958. Da allora va a vivere a Uchta, nella Repubblica di Komi, dove lavora, con buon successo, come ingegnere; nello stesso tempo comincia a scrivere. Il suo primo obiettivo è descrivere ciò che ha visto durante diciotto anni di prigionia, ovvero lasciare testimonianza. Nello stesso anno incontra per la prima volta la figlia, Valentina, che da questo momento e per tutta la vita si batterà per il riconoscimento e la pubblicazione delle opere del padre. Ben presto, Demidov è costretto ad abbandonare il sogno di poter riprendere l’attività scientifica: diciotto anni lontano dai laboratori e le gravi menomazioni fisiche subite lo inducono a lasciare il lavoro e a dedicarsi unicamente alla scrittura. Tanti sono i temi che si affollano nella sua mente, tante sono le cose che vuole fare conoscere ai russi. Per venti anni, giorno e notte, piegato sulla macchina da scrivere (il congelamento alle mani gli impedisce di tenere tra le dita la penna), su carta di fortuna (la carta e un bene prezioso e di per sé sospetto alle autorità), nasce il Demidov scrittore. Comincia infatti a scrivere al ritorno dalla Kolyma (1956), ma non ci sono date precise circa la redazione delle opere. La sua produzione può essere così suddivisa: a) le novelle, ambientate nelle città (povesti); b) i racconti, ambientati nei GULag (rasskazy); c) il romanzo autobiografico Ot rassveta do sumerek (Dall’alba al tramonto). Le novelle Fone Kvas (molto probabilmente del 1957 o 1958), Oranževyj abažur (L’abat-jour arancione, 1964-1968) e Dva prokurora (Due procuratori, 1969-1974) sono state pubblicate per la prima volta nel volume Oranževyj abažur (2009).
Naturalmente di pubblicare ciò che scrive non si parla neppure. Lui batte a macchina su carta leggera alcune copie da far leggere ad amici e conoscenti. Non sappiamo se questi, a loro volta, ne abbiano fatte altre. Probabilmente no. Solo tenere in mano quei fogli è un rischio. A chi gli propone di pubblicare i racconti all’estero, in tamizdat, lui risponde di non essere interessato: i suoi lettori sono lì, in URSS. E anche al funzionario venuto a proporgli riconoscimenti e onori, se solo avesse acconsentito a cambiare tema, Demidov risponde di no. Sta diventando un personaggio scomodo. In questo caso si può parlare forse di micro-samizdat, trattandosi di circolazione ristretta a una cerchia limitatissima di lettori. La situazione politica si fa sempre più buia, ma lo scrittore pare indifferente a ciò che ha intorno. L’importante è scrivere. Ormai c’è chi vede in lui non solo un testimone, ma un vero scrittore, un nuovo Tolstoj. Nel frattempo si è trasferito a Kaluga, e a Mosca si reca ogni tanto, per lasciare dei manoscritti e per incontrare la figlia o qualche vecchio conoscente. Tra questi Šalamov, che vi abita dalla fine della prigionia. Valentina Demidova ricorda le loro discussioni, anche molto accese, sul ruolo e sul dovere dello scrittore testimone del GULag (cf. Demidova 2011).
Sul finire degli anni Settanta, nel timore di un sequestro, Demidov fa sette copie dei manoscritti, che ha raccolto in altrettante cartelle: una per sé, una per la figlia, e cinque le ha distribuite a persone fidate. Nel 1980, anno delle Olimpiadi, la repressione in URSS si è intensificata, e le case degli scrittori vengono ripetutamente perquisite: si teme che qualche materiale sospetto possa passare “sottobanco” in Occidente. Il 20 agosto la polizia fa irruzione nelle case dove sono custoditi i manoscritti di Georgij Demidov, e in una sola notte tutto quanto (novelle, racconti, l’autobiografia alla quale da tempo Demidov sta lavorando, nonché materiale di lavoro) finisce nelle mani del KGB. All’autore non resta più nulla. È un colpo terribile per il testimone-scrittore, che da quel momento cade in una depressione profonda e si rinchiude nel suo silenzio. Sarebbe morto sette anni più tardi, con l’amara certezza che tutto il suo lavoro fosse stato inutile e che mai sarebbe stata pubblicata una sola riga di ciò che aveva scritto.
Mentre in URSS molte cose stanno cambiando, comincia l’ultima fase della sua non-vita. Sono gli anni della perestrojka. Valentina Demidova si rivolge a A. N. Jakovlev, segretario del PCUS e, nel 1988, riesce a ottenere la restituzione dei manoscritti sequestrati. A questo punto si tratta di far conoscere al lettore russo l’opera del padre. Ma gli editori sono molto timidi: dei GULag si parla già da un bel po’ e ora si pensa che il pubblico voglia leggere cose nuove. Il passato è il passato… E poi c’è la crisi finanziaria. La casa editrice Sovetskij pisatel’, che aveva inserito un volume con opere di Demidov tra le prossime pubblicazioni, fa un passo indietro. Nel 1990 la rivista “Ogonek” ha pubblicato, prima e unica opera apparsa in epoca sovietica, il racconto Zubar’. Sarà con questo titolo che uscirà in Francia la prima raccolta di racconti di Demidov (cf. Demidov 1991).
Poi di nuovo il silenzio, che verrà rotto solo dopo quasi altri venti anni grazie all’editore Semen Vilenskij, animatore della casa editrice Vozvraščenie, specializzata nella letteratura sui GULag. A partire dal 2008 escono, uno dopo l’altro, i volumi di racconti Čudnaja planeta (2008), Oranževyj abažur (2009), Ljubov’ za koljučej provolokoj (2010). L’ultima opera di Demidov finora pubblicata è Ot rassveta do sumerek (2014). Si tratta di una autobiografia, tuttora incompleta, che va dagli anni dell’infanzia fino alla guerra civile. Non sappiamo fino a che punto Demidov fosse giunto con la redazione al momento del sequestro e se il KGB abbia restituito alla figlia tutto il materiale sequestrato (per esempio, potrebbero essere rimaste negli archivi le parti relative al Holodomor, la carestia che afflisse in particolare l’Ucraina negli anni Trenta). La pubblicazione della seconda parte è tuttora in corso e non si sa quando uscirà. La morte nel 2016 di Semen Vilenskij ha reso più complessa l’intera impresa.

Francesca Fici
[30 giugno 2021]

Bibliografia

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Versione aggiornata di: Fici F., Rasskazy (Racconti), in C. Pieralli, T. Spignoli, F. Iocca, G. Larocca, G. Lo Monaco (a cura di), Alle due sponde della cortina di ferro. Le culture del dissenso e la definizione dell’identità europea nel secondo Novecento tra Italia, Francia e URSS (1956-1991), goWare, Firenze 2019: 287-290.

Cita come:
Francesca Fici, Rasskazy (G. Demidov), in Voci libere in URSS. Letteratura, pensiero, arti indipendenti in Unione Sovietica e gli echi in Occidente (1953-1991), a cura di C. Pieralli, M. Sabbatini, Firenze University Press, Firenze 2021-, <vocilibereurss.fupress.net>.
eISBN 978-88-5518-463-2
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