Date: 1950–1990

Ju. Medvedev, D. Meževič, A. Černova, Vl. Vysockij, B. Okudžava e Ju. Ljubimov alle prove dello spettacolo “Rabota est’ rabota” al teatro “Na Taganke”, Mosca. © Fond Jurij Ljubimov.

Luogo: Mosca

Descrizione:
La avtorskaja pesnja (canzone d’autore) è il genere che viene associato con maggiore frequenza alla “prima fase” del magnitizdat (fine anni Cinquanta-prima metà anni Sessanta), a tal punto che si corre il rischio di sovrapporre i due fenomeni, benché tipologicamente distinti. C’è anche chi sostiene che la canzone d’autore, diffusa dai registratori e promossa negli anni Sessanta del disgelo nei numerosi festival organizzati in tutto il Paese, abbia dato ai cittadini sovietici un’opportunità senza precedenti di immaginare e costruire collettivamente un movimento che sfidasse l’autorità dello Stato. In tal senso, i cantautori avrebbero preparato la strada alle riforme degli anni Ottanta e alla seguente dissoluzione dell’URSS (Daughtry 2009: 38-39). Dal punto di vista dei supporti è interessante notare che le esibizioni e le interpretazioni dei cantautori erano spesso incise su nastro (grazie ai microfoni), ben più di rado su disco, ed erano quasi assenti nei primi supporti utilizzati per diffondere musica russa e straniera in maniera clandestina, ovvero le lastre dei raggi X (la cosiddetta muzyka na kostjach, musica sulle ossa). È molto difficile tracciare una reale quantificazione della popolarità di queste figure, ma in un’ipotetica lista dei nomi maggiormente ascoltati devono figurare senza dubbio i nomi di Vladimir Vysockij (1938-1980), Bulat Okudžava (1924-1997), Aleksandr Galič (1918-1977), Jurij Vizbor (1934-1984) e Julij Kim (1936-). Molto conosciuti erano anche Aleksandr Gorodnickij (1933-), Jurij Kukin (1932-2011), Novella Matveeva (1934-2016) ed Evgenij Kljačkin (1934-1994). Molti altri autori e interpreti si diffusero in quegli anni grazie alla circolazione clandestina di nastri, ma nessuno di loro raggiunse il successo degli autori citati, né rientrò nel novero dei “nomi sacri” della canzone d’autore, ancora oggi ascoltati e studiati. Secondo il poeta sovietico Evgenij Evtušenko, negli anni Sessanta circolava non meno di un milione di nastri con le canzoni di Okudžava e non meno di mezzo milione di nastri con le canzoni di Galič (cf. Evtušenko 1988: 16). La popolarità di Vysockij era addirittura superiore: come afferma B. Kušner, “dalle finestre, nei treni a lunga e breve percorrenza, ovunque risuonavano le voci di Galič, Vysockij, Okudžava, Kim […] Vysockij divenne un autentico poeta-cantante del popolo” (Kušner 2018). Andrej Krylov conferma che l’unico dato indiscutibile, benché non quantificabile, è la fama di Vysockij, di gran lunga superiore a quella delle altre due voci più emblematiche della seconda metà del Novecento: Okudžava e Galič. A questi tre maestri che, per anni, in patria, ebbero modo di acquistare una minima notorietà, ma non certo per le canzoni (Okudžava scriveva romanzi e poesie, Galič commedie musicali di successo e Vysockij era attore al Teatr na Taganke), è dedicato il pionieristico libro di Pietro Zveteremich Canzoni russe di protesta (Garzanti 1972) contenente le traduzioni di molti brani dei tre cantautori che fino a quel momento era possibile ascoltare attraverso i canali del magnitizdat o, in Unione Sovietica, nei “concerti domestici” (i cosiddetti kvartirniki); nell’introduzione al volume Zveteremich sottolinea: “A cinquant’anni dall’Ottobre il contrabbando che più teme la rivoluzione è il contrabbando delle idee” (Zveteremich 1972: 8); ma la società russa aveva le proprie strategie per diffondere queste idee: “Negli ultimi dieci anni […] tutto ciò che di più vivo e valido ha espresso la cultura russa contemporanea è venuto alla luce attraverso i canali del samizdat” (ibid.), attraverso i quali essa continuava a esercitare il fascino che da sempre la contraddistingue: “[…] l’anima russa, l’intelligenza russa parlando dai dattiloscritti e dai nastri del samizdat, rendono emozionanti e affascinanti queste illeggibili copie giallastre battute con la carta carbone, questi nastri registrati con i rumori di fondo, con interruzioni e sibili” (ibid.: 9). Non bisogna dimenticare che la popolarità di alcuni cantautori variava molto secondo il periodo preso in considerazione: per esempio, all’inizio degli anni Sessanta, Al’fred Soljanov (1930-2002) era uno dei nomi più in voga tra l’intelligencija moscovita, quasi al pari di Vysockij. Anni dopo venne addirittura invitato dal regista Vladimir Men’šov a comparire nel film Moskva slezam ne verit (Mosca non crede alle lacrime, 1979) in quanto ritenuto un “simbolo di quell’epoca” (la storia si svolge a partire dalla fine degli anni Cinquanta). Nonostante ciò, Soljanov morì nel totale anonimato. Nomi alla ribalta negli anni Sessanta, quali Michail Ančarov (1923-1990) e Ada Jakuševa (1934-2012), nel decennio successivo smisero, per varie ragioni, di scrivere canzoni ed esibirsi e di conseguenza la loro popolarità subì un forte calo. Altre figure, come Aleksandr Dol’skij (1938-) e Aleksandr Rozenbaum (1951-), col passare del tempo, orbitarono sempre meno intorno alla canzone d’autore, spostandosi verso la estradnaja pesnja (musica leggera). Un altro fenomeno interessante legato alla popolarità dei cantautori in relazione al magnitizdat è l’esistenza di cantautori molto conosciuti e diffusi clandestinamente, ma che realizzavano attività concertistiche limitate o addirittura nulle. Uno tra questi fu Vadim Pevzner (1961-) che, tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, si esibì in meno di una decina di concerti, ma grazie ai canali capillari del magnitizdat riuscì a essere conosciuto negli angoli più sperduti del Paese. Simili furono gli esordi di Michail Ščerbakov (1963-), che Bulat Okudžava considerava una delle voci più interessanti della “seconda generazione” dei poeti con la chitarra. Per molti anni quasi nessuno seppe chi fosse realmente, benché le sue canzoni fossero note e diffuse in molte città e nei paesi dell’Unione Sovietica.

Giulia De Florio
[30 giugno 2021]

Bibliografia

  • Bogomolov N. (a cura di), The Bard Song, “Russian Literature”, 77.2 (2015): 151-280.
  • Evtušenko E., Magnitofonnaja glasnost’, “Nedelia”, 18 (1988): 16, http://bard.ru.com/article/8/print_art.php?id=8.14, online (ultimo accesso: 30/06/2021).
  • Kušner B., Pamjati samizdata, 6 aprile 2018, http://club.berkovich-zametki.com/?p=3680, online (ultimo accesso: 30/06/2021).
  • Zveteremich P. (a cura di), Canzoni russe di protesta, Garzanti, Milano 1972.

Versione aggiornata di: De Florio G., Canzone d’autore: protagonisti, in C. Pieralli, T. Spignoli, F. Iocca, G. Larocca, G. Lo Monaco (a cura di), Alle due sponde della cortina di ferro. Le culture del dissenso e la definizione dell’identità europea nel secondo Novecento tra Italia, Francia e URSS (1956-1991), goWare, Firenze 2019: 341-344.

Cita come:
Giulia De Florio, La canzone d’autore: protagonisti, in Voci libere in URSS. Letteratura, pensiero, arti indipendenti in Unione Sovietica e gli echi in Occidente (1953-1991), a cura di C. Pieralli, M. Sabbatini, Firenze University Press, Firenze 2021-, <vocilibereurss.fupress.net>.
eISBN 978-88-5518-463-2
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