Date: 1964–1973
Luogo: Leningrado
Frequentatori: Vladimir Ėrl’, Aleksandr Čurilin, Andrej Gajvoronskij, Tamara Bukovskaja, Dmitrij Makrinov, Aleksandr Mironov, Evgenij Venzel’, Vladimir Britanišskij, Viktor Nemtinov, Boris Kudrjakov, Nikolaj Nikolaev, Viktor Širali e altri
Iniziative editoriali: almanacco Fioretti (1965)
Descrizione:
Il toponimo Malaja Sadovaja (letteralmente ‘piccola Sadovaja’) indica la via all’angolo con il Nevskij che prima della Rivoluzione ospitava il celebre negozio gastronomico Eliseev. Verso la metà degli anni Sessanta, in un cantuccio del negozio, all’epoca statalizzato e ribattezzato ‘Gastronom n.1‘, troneggiava il distributore automatico ‘Espresso‘ (cf. Sabbatini 2005: 86-87), macchinario in grado di produrre un caffè triplo dalla fama leggendaria e ‘dagli effetti vagamente stupefacenti’ (Parisi 2013: 295). L’angolo si trasformò così nel luogo di ritrovo di scrittori e artisti non ufficiali, ma anche di bohemien e semplici curiosi.
Benché non tutti si dilettassero nella creazione letteraria, secondo Vladimir Ėrl’, animatore e voce tra le più autorevoli e carismatiche del gruppo, ciascuno di essi può a buon diritto vantarsi dell’epiteto di ‘poeta della Malaja Sadovaja’ (cf. Dolinin 2003: 425). Il numero dei malasadovcy crebbe in breve tempo fino ad arrivare alla cifra di duecento-trecento habitué, tanto da rendere necessario il trasferimento degli avventori verso gli spazi limitrofi al negozio (ad esempio sotto il monumento dedicato a Caterina II o nei cortili delle case adiacenti alla via). A poca distanza, dall’altro lato del Nevskij, si trova ancora oggi la Biblioteca Nazionale, nota con il vezzeggiativo di Publička, altro luogo di frequentazione dei ‘poeti della Malaja Sadovaja’. Tra gli scaffali di questa e altre biblioteche, dove alcuni malasadovcy lavoravano come archivisti o assistenti di sala, si studiavano e si leggevano testi altrove introvabili, di cui poi ci si ritrovava a discutere nelle kurilki, le stanze adibite ai fumatori, che si tramutavano così in veri e propri luoghi di formazione (cf. Sabbatini 2005: 87). Per questa ragione gli artisti della Malaja Sadovaja sono talvolta ricordati come bibliotečnye poėty (poeti bibliotecari). Nel 1964, anno in cui il gruppo inizia a riunirsi regolarmente, venne organizzata una lettura pubblica all’Istituto pedagogico cittadino (cf. Dolinin 2003: 425). L’edizione dell’almanacco samizdat, dall’esplicito titolo francescano Fioretti (cf. ibid.: 467; Caramitti 2010: 21), sorto per iniziativa di Aleksandr Čurilin e contenente opere in versi e in prosa firmate da sedici malasadovcy (tra cui Aronzon, Ėrl’ e Mironov) rappresenta uno dei primi esempi di autoaffermazione editoriale di un gruppo non legato all’ufficialità (cf. Severjuchin 2003: 21-22). Nella primavera 1965 i contatti intrattenuti con alcuni componenti del gruppo moscovita SMOG avrebbero dovuto portare a una pubblicazione congiunta sulla rivista tamizdat “Grani“, fallita a causa dell’intromissione del KGB, che impedì in tal modo l’istituzione di un importante legame tra underground leningradese e moscovita (cf. ibid.: 22; Sabbatini 2005: 88). L’elenco dei frequentatori fissi è vastissimo: oltre ai nomi già citati, ricordiamo almeno quelli di Andrej Gajvoronskij, Tamara Bukovskaja, Dmitrij Makrinov, Aleksandr Mironov, Evgenij Venzel’, Vladimir Britanišskij e Boris Kudrjakov. Molti anche i poeti che frequentarono quei luoghi in maniera più rapsodica e irregolare. Tra loro, Konstantin Kuz’minskij, Viktor Krivulin, Iosif Brodskij e Leonid Aronzon, figura di riferimento per l’intera epoca scomparso, forse suicida, a trentun anni. A differenza della precedente generazione di letterati, che avevano esordito nella seconda metà degli anni Cinquanta, in un’epoca foriera di illusioni, i malasadovcy rivendicano una propria autonomia culturale, sia nei confronti dell’ufficialità contemporanea che dei modelli precedenti come il modernismo: a testimoniarlo è anche la formazione del gruppo dei Chelenukty, nato nel 1966 grazie all’energia e all’inventiva di Vladimir Ėrl’ e Dmitrij Makrinov. Già alla fine del decennio, quando il distributore di caffè smette di funzionare (sarà rimosso dalle autorità nel 1973), molti dei frequentatori della Malaja Sadovaja si spostano verso i tavoli del vicino Caffè Sajgon, che aveva aperto i propri battenti nel 1964 (cf. Dolinin 2003: 425).
Federico Iocca
[30 giugno 2021]
Bibliografia
- Caramitti M., Letteratura russa contemporanea: La scrittura come resistenza, Laterza, Bari 2010.
- Dolinin V., Ivanov B., Ostanin, B., Severjuchin, D. (a cura di), Samizdat Leningrada. Literaturnaja ėnciklopedija, Novoe Literaturnoe Obozrenie, Moskva 2003.
- Parisi V., Il lettore eccedente. Edizioni periodiche del samizdat sovietico. 1956-1990, Il Mulino, Bologna 2013.
- Dolinin V., Severjuchin D., Preodolen’e nemoty, in V. Dolinin, B. Ivanov, B. Ostanin, D. Severjuchin, (a cura di), Samizdat Leningrada. Literaturnaja ėnciklopedija, Novoe Literaturnoe Obozrenie, Moskva 2003: 7-51.
- Sabbatini M., Tra il Sajgon e Praga. Il sessantotto e dintorni a Piter, “eSamizdat”, III.2-3 (2005): 86-89.
Versione aggiornata di: Iocca F., Malaja Sadovaja, in C. Pieralli, T. Spignoli, F. Iocca, G. Larocca, G. Lo Monaco (a cura di), Alle due sponde della cortina di ferro. Le culture del dissenso e la definizione dell’identità europea nel secondo Novecento tra Italia, Francia e URSS (1956-1991), goWare, Firenze 2019: 354-356.
Cita come:
Federico Iocca, Malaja Sadovaja, in Voci libere in URSS. Letteratura, pensiero, arti indipendenti in Unione Sovietica e gli echi in Occidente (1953-1991), a cura di C. Pieralli, M. Sabbatini, Firenze University Press, Firenze 2021-, <vocilibereurss.fupress.net>.
eISBN 978-88-5518-463-2 © 2021 Author(s)
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