Rid Gračëv, da Adamčik. Un eroe neorealista nella Russia sovietica, Pisa University Press, 2019.

Autore: Rid Gračëv (1935-2004)

Anni di redazione: 1961-1962

Anno di prima pubblicazione: 1976

Rivista: “Časy”, 2, 1976

Luogo di edizione: Leningrado

Descrizione:
Nell’autunno del 1960 Rid Gračëv trova lavoro in una fabbrica di materassi a molle al pari di Adamčik, eroe dell’omonimo racconto. La forte componente autobiografica, l’alienazione, la necessità di cambiamento, l’infanzia violata e l’abbandono sono tematiche che rendono la povest’ Adamčik il testo narrativo più emblematico dell’autore. Anche dal punto di vista stilistico, il racconto rappresenta uno dei migliori esempi della prosa di Gračëv, la cui scrittura, così breve, scarna e laconica, risente inevitabilmente della sua attività giovanile di giornalista.
Protagonista è un adolescente che, nel tentativo di nascondere il proprio disagio esistenziale, è coinvolto in situazioni che lo portano a compiere azioni prive di senso logico.
Il tema della solitudine è centrale nel racconto: tutti i tentativi di istaurare un dialogo con gli altri falliscono e Adamčik si ritrova sempre irrimediabilmente solo. Adamčik è un ‘nessuno’, un uomo privo di individualità che, nel ripetere continuamente la frase ‘Non ci capisco niente!’, manifesta la sua totale incapacità di comprendere la realtà automatizzata e alienante che lo circonda. La povest’ è una rivisitazione neorealista del ‘piccolo uomo’, filone fecondo nella letteratura pietroburghese. Adamčik si erge a simbolo dell’uomo contemporaneo, incarnazione del disorientamento morale che contraddistingue i giovani sovietici degli anni Sessanta. Il nostro eroe non riuscirà mai a superare il suo disorientamento, come sottolinea l’autore stesso: Adamčik “non è capace né di pensare né di amare, è l’incarnazione della disumanità, del vuoto morale… Al fine di superare l’Adamo che c’è in lui, necessita di una grande forza morale” (Gračëv 2013: 421).
Adamčik è suddiviso in dodici capitoli ognuno dei quali si presenta come un frammento a sé stante, sia in termini compositivi che semantici: un frammento indipendente all’interno di una narrazione che tuttavia conserva la sua integrità. In ogni capitolo l’autore scompone le singole scene focalizzando l’attenzione del lettore su un particolare fenomeno, alla maniera cinematografica. Gračëv preferisce dirottare l’attenzione sui dettagli e in tal modo il lettore comprende ciò che sta accadendo senza necessità di ulteriori digressioni.
Nel testo si alternano episodi simbolici e grotteschi rafforzati dalla presenza di metafore e di elementi, come il materasso, che collegano tra di loro personaggi e situazioni, altrimenti indipendenti gli uni dagli altri. Il racconto è costruito su più piani in modo da favorire collegamenti intertestuali verticali e orizzontali tra gli episodi. Ad esempio, l’allusione più evidente alla letteratura russa classica è il rimando alle opere di A. S. Puškin, in particolare al poema Il Cavaliere di bronzo del 1833. Sono presenti, inoltre, rimandi al cinema italiano neorealista già a partire dalla struttura del racconto. Gračëv trova particolare ispirazione nel cinema di Federico Fellini e Michelangelo Antonioni. La narrazione dei due registi, con sogni, ricordi e monologhi interiori dei loro personaggi, assume un’importanza estremamente significativa. Il neorealismo si evince sia nella scelta ben definita dei tipi e dei luoghi, sia nel rifiuto delle consuetudini linguistiche tradizionali. Nel cinema italiano viene impiegata spesso la parlata popolare e non si rinuncia alla scelta di idioletti regionali. Anche Gračëv ricorre a forme di linguaggio colloquiale e gergale, allo slang di microcosmi urbani, attraverso cui costruisce dialoghi capaci di trasmettere al lettore la spontaneità e la genuinità della narrazione. La linearità tradizionale della scrittura viene di conseguenza scardinata, così come accade nella rappresentazione delle relazioni affettive e interpersonali.
Nonostante Gračëv fosse considerato uno degli astri nascenti della letteratura di Leningrado sia da suoi contemporanei (scrittori del calibro di Iosif Brodskij, Andrej Bitov e Sergej Dovlatov), sia da esponenti autorevoli della generazione precedente (come Vera Panova e Gleb Semënov), le sue opere non videro la luce nel corso della sua vita. L’unica pubblicazione ufficiale Gde tvoj dom (Dov’è la tua casa), stravolta dalla censura, risale al 1967. Gračëv aveva riposto grandi speranze in Adamčik. Nel 1962 la rivista “Neva” sembrava finalmente interessata a pubblicare il racconto, ma ciò venne impedito dagli organi della censura. La povest’ viene pubblicata per la prima volta solo nel 1976, grazie a Boris Ivanov, che la include nel secondo numero della rivista samizdat “Časy”. Qualche anno dopo, nel 1980, compare sul n. 10 della rivista tamizdat parigina “Ėcho”, ad opera di Vladimir Maramzin, il quale era stato molto influenzato dall’opera di Gračëv come anche gli altri scrittori suoi compagni che facevano capo al gruppo dei Gorožane (cf. Iocca 2019: 106-109). Nel 1994, Adamčik è incluso nella raccolta Ničej brat (Il fratello di nessuno) con la prefazione di Jakov Gordin. Nel 2013, viene pubblicata per la prima volta in Russia la quasi totalità delle sue opere in due volumi, Pis’mo založniku e Sočinenija, sotto la direzione di Andrej Ar’ev per la casa editrice Zvezda, grazie al lavoro di recupero e redazione dei testi manoscritti dell’autore da parte di Boris Ivanov, Valerija Kuz’mina e Boris Roginskij.

Marta Capossela
[30 giugno 2021]

Traduzione
Gračëv R., Adamčik: un eroe neorealista nella Russia sovietica, a cura e con saggio introduttivo di M. Sabbatini; traduzione e postfazione di M. Capossela, Pisa University Press, Pisa 2019.

Bibliografia

  • Gračëv R., Adamčik, “Časy”. Al’manach, 2 (1976): 2-44.
  • Gračëv R., Adamčik, “Ėcho”. Literaturnyj žurnal, 10 (1980): 87-110.
  • Gračëv R., Pis’mo založniku. Sočinenija, a cura di A. Ar’ev, V. Kuz’mina, B. Roginskij, Izdatel’stvo žurnala “Zvezda”, Sankt-Peterburg 2013.
  • Gračëv R., Sočinenija, a cura di V. Kuz’mina, B. Roginskij, Izdatel’stvo žurnala “Zvezda”, Sankt-Peterburg 2013.
  • Ivanov B., Rid Gračëv, in B. Ivanov, B. Roginskij (a cura di), Istorija leningradskoj neoficial’noj literatury. Sbornik statej, Izdatel’stvo Dean, Sankt-Peterburg 2000: 49-59.
  • Ivanov B., Legenda Šestidesjatych – Rid Gračëv, in R. Gračëv, Pis’mo založniku. Sočinenija, a cura di A. Ar’ev, V. Kuz’mina, B. Roginskij, Izdatel’stvo žurnala “Zvezda”, Sankt-Peterburg 2013: 5-82.
  • Jur’ev O., Nesposobnost’ k iskaženiju. Rid Gračëv: otvernuvšijsja Adam, “Novyj mir”, 8 (2014). http://www.nm1925.ru/Archive/Journal6_2014_8/Content/Publication6_1202/Default.aspx, online (ultimo accesso: 30/06/2021).
  • Kapossela [Capossela] M., Leningradskaja/Peterburgskaja proza 1960-x godov i ital’janskij kinematograf neorealizma, Vypusknaja kvalifikacionnaja rabota na soiskanie stepeni magistra filologii, Naučnyj rukovoditel’ Ju. M. Valieva, Recenzent M. Sabbatini, Sankt-Peterburgskij Gostudarstvennyj Universitet, Filologičeskij fakul’tet, Sankt-Peterburg 2017.
  • Sabbatini M., Leningrado underground. Testi, poetiche, samizdat, WriteUp, Roma 2020.
  • Severjuchin D. (pod obšč. red.), Gračëv (sobstv. Vite) Rid Iosifovič, in V. Dolinin, B. Ivanov, B. Ostanin, D. Severjuchin (avt.-sost.), Samizdat Leningrada 1950- e – 1980-e. Literaturnaja ėnciklopedija, Novoe Literaturnoe Obozrenie, Moskva 2003: 156-157.
  • Ueland C., Unknown Figure in a Wintry Landscape: Reid Grachev and Leningrad Literature of the Sixties, “The Slavic and East European Journal”, 43, 2 (1999): 361–369.

Cita come:
Marta Capossela, Adamčik (R.Gračev), in Voci libere in URSS. Letteratura, pensiero, arti indipendenti in Unione Sovietica e gli echi in Occidente (1953-1991), a cura di C. Pieralli, M. Sabbatini, Firenze University Press, Firenze 2021-, <vocilibereurss.fupress.net>.
eISBN 978-88-5518-463-2
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