Mosca, 1921–Mosca, 1989

Sacharov durante un suo discorso alla Duma. Fonte: https://www.abbanews.eu/gusti-e-cultura/andrej-sacharov/

Andrej Dmitrievič Sacharov (1921-1989) fu un fisico sovietico e attivista per i diritti umani. Come accademico diede un grande contributo alla messa a punto della bomba all’idrogeno, come attivista si impegnò per la difesa dei diritti civili, promuovendo diverse campagne nazionali e internazionali a favore dei dissidenti sovietici. Nel 1975 vinse il premio Nobel per la Pace.
Sacharov nacque da una famiglia dell’intelligencija russa. Trascorse i primi anni della sua vita studiando a casa, sotto la guida paterna, e cominciò a frequentare la scuola soltanto dall’età di 12 anni, dimostrando fin da subito di avere talento per lo studio. Nel 1938 si iscrisse alla facoltà di fisica dell’Università statale di Mosca (MGU) conseguendo la laurea nel 1942 con il massimo dei voti.  Continuò i suoi studi ad Aškabad, nell’odierno Turkmenistan, dove era stato evacuato insieme ad un gruppo di scienziati (cf. Marciante 2020) nel 1941. Poco dopo, però, interruppe gli studi e prese a lavorare in una fabbrica di munizioni nella città russa di Uljanovsk, sul Volga, dove conobbe Klavdia Alekseeevna Vichareva, che nel 1943 divenne sua moglie e dalla quale ebbe tre figli: Tat’jana, Ljubov e Dmitrij.
Alla fine della guerra decise di riprendere i suoi studi e si iscrisse all’Istituto di fisica Lebedev di Mosca (FIAN), dove conseguì il titolo di dottore di ricerca nel 1947. In seguito, si dedicò all’astrofisica applicata e alla fusione nucleare, prendendo parte alla sperimentazione della prima bomba a idrogeno del programma nucleare sovietico (cf. Marciante 2020). Il contributo di Sacharov alla ricerca nucleare fu notevole, essendo anche il promotore – assieme a Igor Tamm – di un progetto di fusione termonucleare controllata, il TOKAMAK, una tecnologia che è considerata ai giorni nostri la più promettente per produrre reattori che sfruttino la fusione senza i rischi della fissione (cf. Bonner 2005: 15).
Nel 1953 Sacharov fu tra i più giovani scienziati a diventare membro dell’Accademia Sovietica delle Scienze. Egli lavorò per venti anni al progetto atomico sovietico e, per la sua attività, fu insignito per ben tre volte del titolo di “eroe del lavoro socialista” (1953, 1956, 1962), oltre ad essere laureato del premio Stalin nel 1953 e del premio Lenin nel 1956 (cf. Marciante 2020). Tuttavia, una prima rottura con il regime cominciò a prodursi nell’animo dello scienziato negli anni in cui Nikita Chruščëv fu segretario generale del PCUS (1953-1964). Le prime sue manifestazioni di dissenso risalgono al 1961, quando scrisse una lettera al segretario generale in cui criticava la decisione di riprendere i test nucleari sovietici (cf. Sacharov 1996: 299-303). Nel 1964 Sacharov denunciò gli errori delle teorie dell’agronomo e biologo T. Lysenko ad una conferenza dell’Accademia delle Scienze sovietica (cf. Sacharov 1996: 328-329), in seguito alla quale conobbe il biologo Žores Medvedev, che all’epoca stava scrivendo un libro intitolato Vzlët i padenie Lysenko (Ascesa e caduta di Lysenko), poi diffuso in samizdat in URSS (cf. Sacharov 1996: 330). Il 1966, però, fu l’anno della svolta: grazie all’incontro con lo storico Roy Medvedev, fratello gemello di Žores, Sacharov venne introdotto nei circoli del dissenso moscovita, interessandosi dapprima alla lettura di alcuni manoscritti samizdat – come il saggio dello stesso Roy Medvedev su Stalin e l’opera di Evgenija Ginzburg Krutoj maršrut ­(Viaggio nella vertigine)– per poi passare all’azione più concretamente (cf. Sacharov 1996: 375-377). In quell’anno Sacharov sottoscrisse alcune importanti petizioni, tra cui una lettera di protesta indirizzata a Leonid Brežnev contro la riabilitazione di Stalin – Pis’mo 25-ti dejatelej sovetskoj nauki, literatury i iskusstva L. I. Brežnevu protiv reabilitacii I. V. Stalin (Lettera di 25 esponenti della scienza, della letteratura e dell’arte sovietica a L. I. Brežnev contro la riabilitazione di I. V. Stalin) – (cf. Sacharov 1996: 369-371). Sempre nello stesso anno prese posizione contro l’introduzione della legge 190-1 nel codice penale – il quale, prevedendo la perseguibilità penale per la diffusione di notizie calunniose che screditavano il regime sovietico, si prospettava come uno strumento per infliggere pene più severe ai danni dei dissidenti dediti alla diffusione clandestina del samizdat – sottoscrivendo un appello e inviando un telegramma personale al Presidente del Presidium del Soviet Supremo della RSFSR Jasnov (cf. Sacharov 1996: 372-375). E il 5 dicembre dello stesso anno prese parte al secondo miting glasnosti (raduno della trasparenza) che si tenne in Piazza Puškin nel giorno delle celebrazioni della Costituzione sovietica (Sacharov 1996: 377-378).
Nel 1968 lo stesso Sacharov fece circolare in samizdat il saggio Razmyšlenija o progresse, mirnom sosuščestovanii i intellektual’noj svobode (Riflessioni sul progresso, la convivenza pacifica e la libertà intellettuale) (cf. Sacharov 1968). La portata di questo scritto fu internazionale, non soltanto per il suo contenuto – visto che tali riflessioni erano permeate dall’idea che nessun paese sarebbe stato in grado di risolvere i propri problemi senza considerare la dimensione universale degli stessi – ma anche per la sua diffusione, che ben presto superò i confini dell’URSS e il saggio fu pubblicato all’estero in tamizdat. Lo scienziato basò come presupposto per uno sviluppo prospero la libertà intellettuale. Il suo ideale non prevedeva la vittoria del comunismo in tutto il mondo: egli si dichiarava fiero sostenitore della convergenza tra le posizioni del socialismo e del capitalismo, che sarebbe dovuta poi confluire nella creazione globale di una società pluralistica aperta. Pronte già nel mese di aprile del 1968, le Riflessioni cominciarono a circolare clandestinamente in URSS tra i dissidenti, mentre il 6 luglio fu pubblicato oltrecortina sul giornale olandese “Het Porool” e sul “New York Times”. L’opera fu poi pubblicata da diverse case editrici occidentali e raggiunse un successo planetario con una tiratura di 18 milioni di copie. Da quel momento, il nome di Sacharov prese ad essere associato ufficialmente al dissenso sovietico e la sua popolarità in Occidente ebbe come conseguenza la sua persecuzione in patria e, ben presto, gli fu negata la possibilità di esercitare la sua professione.
Nel 1970 si intensificò la sua attività per la difesa dei diritti umani e, insieme a Valerij Čalidze e Andrej Tvërdochlebov, fondò il Komitet prav čeloveka v SSSR (Comitato dei diritti dell’uomo in URSS) – tra i cui membri si annoveravano, tra gli altri, anche A. Esenin-Vol’pin, S. Kallistratova ed E. Bonner, che in seguito divenne sua compagna di lotta e di vita – la prima organizzazione sovietica non governativa ad ottenere un riconoscimento internazionale, arrivando a cooperare con l’International League of Human Rights e l’International Institute of Human Rights. Per statuto, l’attività del Comitato comprendeva il monitoraggio e la diffusione della violazione dei diritti umani, attività che si proponeva di svolgere alla luce del sole e non in clandestinità, con lo scopo di mostrare al governo la legittimità della loro azione nel rispetto della Costituzione sovietica. Nonostante i buoni propositi, però, il Comitato non riuscì nel suo intento: il KGB si oppose alacremente a questo gruppo, arrestando in poco tempo tutti i suoi membri. Questa strenua opposizione da parte del regime non fiaccò l’impegno di Sacharov nella difesa dei diritti civili, il quale continuerà la sua attività ininterrottamente per altri dieci anni. In quel lasso di tempo sottoscrisse decine di documenti, in cui rese pubbliche centinaia di nomi di perseguitati per le loro convinzioni politiche e religiose. Tra le numerose attività di Sacharov si ricorda la sua richiesta di abolizione della pena di morte, la proclamazione di un’amnistia per tutti i condannati politici e la riabilitazione dei popoli deportati.
Quando la sua posizione pubblica e il sostegno internazionale crebbero, il regime lo pose sotto stretta sorveglianza e, dopo numerose denunce – spesso ad opera dei colleghi dell’Accademia delle Scienze – e persino numerose lettere di protesta nei confronti della sua attività inviate ai giornali da “semplici cittadini” sovietici, nel 1973 egli divenne oggetto di una vera e propria campagna denigratoria.
Per il suo attivismo e per aver denunciato il pericolo della corsa agli armamenti nucleari, nel 1975 Sacharov fu insignito del premio Nobel per la pace ma, poiché le autorità sovietiche non gli permisero di uscire dal paese, in sua vece ad Oslo si recò la moglie Elena Bonner, che in quei giorni era in Italia. Per la lectio magistralis che, tradizionalmente, i vincitori del Nobel tengono in occasione della cerimonia ufficiale, Sacharov scrisse un testo intitolato Mir. Progress. Prava čeloveka (Pace. Progresso. Diritti umani), che fu letto da Bonner: “La pace, il progresso, i diritti dell’uomo: questi tre obiettivi sono inestricabilmente correlati e non si può raggiungere nessuno di essi trascurando gli altri… La fiducia internazionale, la comprensione reciproca, il disarmo e la sicurezza internazionale sono impensabili senza l’apertura della società, la libertà d’informazione, la libertà di pensiero, la trasparenza, la libertà di viaggiare e la possibilità di scegliere il paese di residenza… La libertà di pensiero, insieme alle altre libertà civili, è la base del progresso scientifico e tecnologico, la garanzia contro l’uso dei suoi successi a discapito dell’umanità, e, proprio per questo, rappresenta il fondamento principale del progresso economico e sociale, come pure la garanzia politica della possibilità di proteggere efficacemente i diritti sociali” (Sacharov 1975).
Sempre nel 1975 pubblicò il saggio O strane i mire (Il mio paese e il mondo), in cui illustrava i pericoli della distensione e denunciava le repressioni perpetrate in URSS. Nel 1976, in una delle numerose conferenze stampa convocate da Sacharov nel suo appartamento, il professor Ju. Orlov annunciò la creazione del gruppo Helsinki di Mosca.
Nel 1980 Sacharov protestò contro l’invasione russa dell’Afghanistan (cf. Sacharov 1980), invitando le potenze straniere al boicottaggio internazionale dell’URSS, che si preparava ad ospitare i giochi olimpici. Tuttavia, nonostante la sua opposizione sgradita al regime, considerata la sua fama internazionale, il Politburo non osò arrestarlo e, nel 1980, lo mandò al confino nella città di Gor’kij – l’odierna Nižnij Novgorod che, all’epoca, non poteva essere visitata dagli stranieri – per limitare i suoi contatti con l’estero. Nonostante queste limitazioni, però, il fisico non interruppe la sua attività per i diritti civili e fece pervenire in Occidente, tramite la moglie Elena Bonner, alcuni articoli e dichiarazioni. Nel 1984 anche sua moglie venne privata della libertà e, in quell’occasione, Sacharov ingaggiò a più riprese uno sciopero della fame per chiedere che a Elena Bonner fosse concesso il permesso di recarsi all’estero per sottoporsi a un intervento al cuore.
Quando a capo della segreteria del PCUS si insediò Michail Gorbačëv, con il conseguente avvio della perestrojka, a Sacharov fu concesso di tornare a Mosca (1986). A partire dal 1987 i periodici sovietici ripresero a pubblicare i suoi articoli e, nel 1989, fu tra i fondatori dell’associazione Memorial, di cui fu eletto presidente onorario.
Nello stesso anno fu eletto leader del Partito di opposizione democratica. In questo ruolo iniziò un’offensiva parlamentare per l’abolizione dell’art. 6 della Costituzione sovietica sul ruolo-guida del PCUS. Fu eletto membro della Commissione costituzionale del congresso e presentò il progetto di una nuova Costituzione sovietica (cf. Sacharov 1989). Il 14 Dicembre 1989 fu stroncato da un attacco cardiaco. Nella capitale russa è stato fondato il Centro Sacharov, che conserva una parte del suo archivio, è sede di un museo sulle repressioni politiche sovietiche e ospita una biblioteca specializzata sul Gulag, le repressioni, la lotta per i diritti umani e le pubblicazioni clandestine sovietiche.
Nel 1988 il parlamento dell’Unione Europea istituì il Premio Sacharov, destinato ai difensori dei diritti umani: i primi ad essere insigniti di questa onorificenza furono Nelson Mandela e Anatolij Marčenko. Nel 2004, con l’approvazione di Elena Bonner, fu fondato un premio Sacharov per il giornalismo, destinato ai giornalisti russi impegnati nella denuncia degli abusi e delle violazioni dei diritti umani in Russia: fra i giornalisti vincitori di questo premio si ricorda Anna Politkovskaja.

Federico Ionata 
[30 giugno 2021]

Lavoro tratto dal seminario “Movimento dei diritti civili in URSS” tenuto da Ilaria Sicari (Corso di Letteratura Russa, CdS magistrale in Lingue e Letterature Europee e Americane, Università degli Studi di Firenze, a.a. 2019/2020).

Bibliografia

Cita come:
Federico Ionata, Andrej Sacharov, in Voci libere in URSS. Letteratura, pensiero, arti indipendenti in Unione Sovietica e gli echi in Occidente (1953-1991), a cura di C. Pieralli, M. Sabbatini, Firenze University Press, Firenze 2021-, <vocilibereurss.fupress.net>.
eISBN 978-88-5518-463-2
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