Titolo:
Kolymskie rasskazy [I Racconti di Kolyma]
Autore: Varlam Šalamov (1907-1982)
Anni: 1954-1973
Descrizione:
I Racconti di Kolyma [Kolymskie rasskazy] di Varlam Šalamov costituiscono una delle testimonianze più alte della letteratura concentrazionaria e uno dei vertici della prosa novecentesca. Frutto di un lavoro ventennale, l’opera è composta da 145 racconti suddivisi in sei cicli – nella versione che a noi è giunta, curata da Irina Sirotinskaja – e descrive la realtà dei campi di lavoro sovietici della Siberia orientale.
Dopo una prima condanna scontata nel campo di lavoro correzionale della Višera, negli Urali settentrionali (1929-31), Šalamov fu detenuto per quasi quindici anni (1937-51) nel ‘crematorio bianco’ della Kolyma e poté salvarsi grazie all’ammissione a un corso per infermieri. Ancora nel lager compose i versi che avrebbero costituito i Quaderni di Kolyma [Kolymskie tetradi, 1949-54], e dopo la liberazione iniziò a scrivere i racconti, che ne decretarono la fama postuma.
Mentre le poesie apparvero sulle riviste “Znamja”, “Moskva” e “Junost’” e in cinque raccolte edite da Sovetskij Pisatel’ dal 1961 al 1977, i racconti, che cominciò a scrivere nel 1954, rimasero inediti in patria fino alla fine degli anni Ottanta. Nel 1962, dopo la pubblicazione della povest’ di Aleksandr Solženicyn, Una giornata di Ivan Denisovič (cf. “Novyj mir”, 1962, n. 11), Šalamov propose i manoscritti alla rivista di Aleksandr Tvardovskij e alle Edizioni di stato, ma, nonostante il giudizio positivo dello scrittore Oleg Volkov e della redattrice El’vira Moroz, dopo il parere del critico Anatolij Dremov, gli furono restituiti tutti, ad eccezione del racconto Il Pino nano, che apparve sulle pagine di “Sel’skaja molodež’” nel 1965 (cf. Solov’ev 2015).
Nella seconda metà degli anni Sessanta, insieme all’amico Leonid Pinskij, ex detenuto del lager, studioso di letteratura, Šalamov definì la composizione dei cicli Il virtuoso del badile [Artist lopaty], La riva sinistra [Levyj bereg] e La resurrezione del larice [Voskrešenie listvennicy] (cf. Nič 2020: 17-23), e lasciò che la sua opera, nota fino ad allora solo a una ristretta cerchia di amici (cf. Toker 2008: 742), circolasse nel samizdat in quattro volumi dattiloscritti con i racconti composti fino ad allora, “riscuotendo tra i lettori un successo caloroso e immediato” (Scammell 1970: 18, Mal’cev 1976: 416). Tutti i racconti dei primi cinque cicli arrivarono in Occidente, seguendo tre diversi canali: il manoscritto affidato da Nadežda Mandel’štam al professore di Princeton Clarence Brown, la copia, trasmessa a Nikita Struve dall’amica di Šalamov, emigrata a Praga, Irina Kanevskaja-Chenkina, e i volumi dattiloscritti consegnati alla rivista parigina “Les Lettres Nouvelles” attraverso le conoscenze di Pinskij presso l’ambasciata francese e Natal’ja Stoljarova, ex detenuta del lager, segretaria di Il’ja Ėrenburg (cf. Kanevskaja 1982, Toker 2009: 742, Klots 2018: 146, Nič 2020: 25). I racconti non furono pubblicati in volume e in forma integrale, secondo la volontà dell’autore, ma apparvero in forma frammentaria sulle riviste dell’emigrazione russa, secondo le scelte degli editori, che “verosimilmente sottovalutarono o comunque decisero di ignorare, di fatto non riconoscendogli la qualità di capolavoro letterario, l’unità stilistica e compositiva dell’opera e la spezzettarono per le loro esigenze” (Rapetti 2015: 207). A New York furono pubblicati quarantanove racconti su “Novyj Žurnal” da Roman Gul’ (tra il 1966 e il 1976), a Francoforte sulla rivista “Posev” uscirono Kaligula e Počerk, (1967) e su “Grani” furono pubblicati quindici racconti (nel 1970, n. 76-77), a Parigi su “Vestnik Russkogo Studenčeskogo Christianskogo dviženija” (Dve vstreči, Čužoj chleb, 1968, n. 89-90) e su “Les Lettres Nouvelles” (Berdy Onžen, 1968), e a Londra nell’antologia di Michael Scammell Russia’s Other Writers (Počerk, con il titolo A good hand, e Kaligula, 1970). Le edizioni in volume furono anch’esse parziali: nel 1967 a Colonia apparvero ventisei racconti del primo ciclo presso l’editore Friedrich Middelhauve (Artikel 58, Die Aufzeichnungen des Häftlings Schalanow, volume ripubblicato nel 1975 con il titolo: Kolyma: Insel im Archipel) con l’errata grafia del cognome dell’autore, riproposta nelle traduzioni apparse in Sudafrica (1968), Francia (per Gallimard 1969) e Belgio (1973); la successiva edizione uscita per Denoel nel 1971 comprendeva ventisette racconti (cf. Brewer 1995; Nič 2020).
Šalamov, che aveva favorito la circolazione dei Racconti all’estero perché fossero pubblicati in forma integrale, comprese di non avere più il controllo sulla sua opera e fu indotto a rinnegare il proprio capolavoro e a condannare ‘la pratica abominevole’ delle ‘fetide rivistucole fasciste’ (Sinatti 1992: 259) con una lettera alla redazione della “Literaturnaja gazeta” (23 febbraio 1972) che, se gli garantì l’ammissione nell’Unione degli scrittori e l’uscita della quarta raccolta di poesie, Moskovskie oblaka [le nuvole di Mosca, 1972], gli costò l’isolamento dagli ambienti del dissenso e la solitudine fino alla morte, il 17 gennaio 1982. Interpretata come un rinnegamento dell’opera e del tema della Kolyma, “da tempo cancellata dalla vita”, la lettera rappresentò in effetti, secondo la ricostruzione di Leona Toker, l’unica attestazione ufficiale in Russia dell’esistenza di Racconti e una dichiarazione di responsabilità e accorata partecipazione dell’autore al loro destino (Toker 2008: 752).
In Italia fino ai primi anni Settanta Šalamov era noto soltanto a pochi specialisti, come Vittorio Strada e Piero Sinatti. Il suo nome apparve per la prima volta sulla stampa italiana nel 1971, quando lo scrittore Gustaw Herling-Grudziński, figura di spicco dell’emigrazione polacca, sopravvissuto al Gulag staliniano e autore di Un mondo a parte, in occasione delle pubblicazioni in Francia e in Germania, ripercorse per “Il Corriere della Sera” la vita di Šalamov, “uno scrittore che alcuni considerano d’importanza pari a quella di Solgenitsin” e auspicò una traduzione italiana dei Racconti, “ideogrammi di un mondo nel quale l’eccesso della crudeltà pare non lasciare più posto neppure a un semplice moto di pietà da parte di chi lo guarda” e “radiografia a fondo del sistema” (Herling 1971).
Cinque anni dopo, si deve a Piero Sinatti la prima traduzione dei racconti: Kolyma. Trenta racconti dai lager staliniani, apparsa presso Savelli nel luglio 1976. Incontrato “quasi per caso” il nome di Šalamov nella recensione all’edizione francese a firma Pëtr Rawicz su “Le Monde” nel 1970, Sinatti tradusse i racconti che aveva potuto leggere sulle riviste “Grani” e “Novyj žurnal” procuratigli da Irina Alberti, e li propose prima a Einaudi, grazie a Vittorio Strada, e poi alla casa editrice romana: “Pubblichiamo quasi trenta racconti di cui siamo venuti in possesso quasi per caso. Li pubblichiamo senza l’autorizzazione dell’autore che ci è stato impossibile contattare e interpellare. Abbiamo riscontrato il testo su altre edizioni pubblicate in russo in Occidente. Di questa pubblicazione chiediamo scusa all’autore, assumendocene tutta la responsabilità” (Sinatti 1976: 3).
Il volume – che comprende una nota biografica e critica sull’autore, la lettera di Šalamov alla rivista “Literaturnaja Gazeta” del 1972, il testo dell’articolo 58 del codice penale sovietico che puniva le “attività controrivoluzionarie”, un glossario dei termini russi non tradotti – fu recensito positivamente da Strada e Herling (“Il giornale nuovo”), e fu al centro di un articolo di Primo Levi (per “La Stampa”), destinato a generare una dura polemica vent’anni più tardi: “[…] uomini quali Salamov meritano comunque il nostro rispetto, ma la loro statura è inferiore a quella dei loro corrispettivi che hanno combattuto il terrore hitleriano […]. La loro maturazione politica ci appare scarsa e greggia: l’etichetta di “prigionieri politici” viene loro affibbiata più o meno a caso, al duplice scopo di seminare terrore e di reclutare mano d’opera gratuita, e loro la portano con rassegnazione russa (la “pazienza infinita” di Tjutčev) ma senza fierezza” (Levi 1976).
Negando ogni affinità tra i “gemelli totalitari” e sminuendo la statura morale delle vittime del Gulag rispetto al “ben più feroce ed efficace terrore hitleriano”, nella sua “polemica a senso unico” – come la avrebbe definita Strada nel 1992 sul “Corriere della Sera” – Levi non comprese l’originalità stilistica dei Racconti e attribuì la loro “debolezza” alla “degradazione” e “disperazione muta” del loro autore che “non spera altro che la cessazione delle sue sofferenze, non ha una stella a cui tendere”. “Pretestuose considerazioni estetiche per delegittimare nella sua interezza un libro o un autore scomodo” – avrebbe commentato Herling definendo “meschina” la recensione (“La Stampa” 1992) e tornando a manifestare il suo disappunto nel 1999: “Per me fu uno shock. Io venero Primo Levi, lo considero uno dei maggiori scrittori del secondo dopoguerra, ma la sua recensione, così di parte, così condizionata da pregiudizi politici, mi ha provocato un grande dolore” (Herling 1999).
La posizione del grande testimone di Auschwitz dava voce al pensiero comune della sinistra intellettuale filosovietica nel considerare il Gulag un errore del sistema comunista, e le repressioni sovietiche “come un evento esterno, almeno periferico, rispetto alla storia europea” sospinto “dietro le quinte della coscienza” (Jurgenson-Pieralli 2019). Questa visione politico-ideologica determinò la scarsa attenzione critica riservata all’opera di Šalamov in Italia: “Attorno al libro di Salamov si stese un silenzio pressoché totale e il volume fu per noi uno degli insuccessi più clamorosi” – dichiarò il direttore editoriale di Savelli, Dino Audino – “A ventitré anni dalla morte di Stalin, il Gulag era ancora un tabù” (“La Stampa”, 1992).
La “cortina di silenzio” che aveva “occultato questo nome-simbolo del gulag staliniano” (Sinatti, “Il Sole 24 Ore”, 1988) si mantenne fino alla fine degli anni Ottanta, nonostante la crescente diffusione di traduzioni, ancora parziali e non autorizzate, in Europa e negli Stati Uniti. La prima edizione in volume in lingua russa dei racconti (103 divisi in tre cicli: Prima morte, Il virtuoso del badile e La riva sinistra) fu pubblicata a Londra nel 1978 presso Overseas Publications, a cura di Michail Geller (Heller): Šalamov ne venne a conoscenza tre anni dopo, grazie a Natal’ja Stoljarova e all’amico, matematico e filosofo, Julij Šrejder. Seguirono la traduzione inglese a opera di John Glad per Norton (The Kolyma Tales 1980, Graphite 1981), in francese per Maspero (in tre volumi pubblicati tra il 1980 e il 1982 nella traduzione di Catherine Fournier e con la prefazione di Andrej Sinjavskij), e tre volumi in russo presso YMCA press con l’introduzione sempre di Geller, due ristampe dell’edizione di Londra, e, nel 1985, col titolo Voskrešenie listvennicy [La resurrezione del larice], una raccolta di racconti preceduti da uno scritto autobiografico (Kratkoe žizneopisanie Varlama Šalamova, sostavlennoe im samim) e dall’autobiografia Četvertaja Vologda [La quarta Vologda]. Il silenzio italiano fu interrotto da interventi di Strada e Sinatti, dai necrologi nel gennaio 1982, dall’articolo di Pietro Zveteremich sulle pagine de “La nuova rivista europea” (Šalamov, Vachtin: e altre vittime), e da Guido Ceronetti che su “La Stampa”, nel 1987, citò il racconto Zia Polja e, un anno dopo, accostò i Racconti di Kolyma alle opere di Kafka e Céline, autori che “più degli altri scrittori avevano interpretato ed espresso tutto l’orrore del XX secolo”.
Fu negli anni Novanta, dopo la fine dell’Unione Sovietica e della Guerra fredda, che venne meno la “sordità dell’intelligencija italiana” (Sinatti, “Il sole 24 Ore”, 2007) e l’opera di Šalamov, comparsa per la prima volta in patria a partire dal 1988 sulle pagine delle riviste “Novyj mir”, “Na severe Dal’nem”, “Moskva”, “Junost’”, destò l’attenzione dell’editoria e dei critici: “È di enorme importanza che oggi in URSS, in una rivista autorevole come “Novyj Mir” (un milione e 150mila copie), appaiano alcuni dei Racconti della Kolyma di Varlam Scialamov, un monumento alle vittime del gulag fatto di più di cento brevi storie” (Sinatti, “Domenica”, 1988).
Nel 1992, a dieci anni dalla morte, due pubblicazioni riportarono per breve tempo Šalamov al centro dell’attenzione: una raccolta di tredici racconti edita da Sellerio con l’introduzione di Victor Zaslavsky (La nuova prosa di Šalamov) e una silloge di dieci inediti dell’ultimo ciclo, Il guanto, ovvero KP-2, per Theoria (traduzione di Laura Salmon), condotta sui nuovi testi degli anni Settanta pubblicati postumi da Irina Sirotinskaja, erede del lascito letterario dello scrittore, sul numero di dicembre 1989 di “Novyj mir”. Tra questi figura La mia prosa, titolo attribuito dalla curatrice alla lettera a lei indirizzatale da Šalamov nel 1971, manifesto letterario della sua ‘nuova prosa’. I testi sono riprodotti nell’ordine voluto dall’autore, ad eccezione del brano Nel lager non ci sono colpevoli, tratto dall’opera autobiografica Višera: antiromanzo, che chiude l’edizione russa e viene anteposto come premessa ai racconti. Ripercorrendo per “Il Corriere della Sera” la mancata fortuna di Šalamov in Italia, Strada si interrogò sulla possibilità che “un libro di così aspro o alto significato umano e letterario” potesse trovare “più lettori aperti alla sua autenticità”, e poco dopo anche Ceronetti, elogiando le pubblicazioni, auspicò che i Racconti fossero letti e accolti come l’opera di “un grande poeta e uno straordinario narratore”: “Salamov nella libera Italia ha circolato finora come in un samizdat […] Bisogna gridare forte che Salamov dev’esser letto, trovato, meditato, perché l’incontro con lui è decisivo: perché obbliga a pensarci, a pensare che il lager è là, che il lager non è un passato ma una notte che ci sta davanti e un’ombra che ci segue, un agguato perpetuo, una delle forme normali di esito della società burocratico-tecnica” (Ceronetti 1992).
Grazie a Ceronetti, nel 1995, i racconti apparvero anche presso Adelphi nella traduzione di Marco Binni, un’edizione di 55 testi, ampia ma ancora incompleta, nonostante nel 1992 fosse apparsa in Russia la prima pubblicazione integrale dei racconti in due volumi. “L’edizione Adelphi (attesa da anni) ci ha deluso” – dichiarò Sinatti (per “Domenica”, 1995) – “non è certo, come vorrebbe la parola, una ‘scelta ampia’ dall’edizione della Sirotinskaja, due volumi di oltre mille, dense, pagine, con ben 145 ‘pezzi’ shalamoviani”. La delusione fu condivisa da Herling nell’articolo Memorie dall’inferno – Ma si può “tagliare” un capolavoro?, mentre la decisione editoriale fu difesa da Roberto Calasso come “Una scelta molto ampia che non tradisce l’autore” (entrambi gli articoli apparvero su “La Stampa” nel marzo 1995) e definita “la più ampia scelta sino ad ora pubblicata in italiano dei racconti” da Alfonso Silipo in “Slavia”.
Sempre nei primi anni Novanta singoli racconti uscirono sull’inserto domenicale de “Il sole 24 Ore” (Cherry-Brandy, 9 febbraio 1992), su “La Stampa” (L’incantatore di serpenti, 25 gennaio 1995) e “Il Corriere della Sera” (La memoria, 15 marzo 1995). Una selezione del carteggio tra Šalamov e Boris Pasternak, insieme ai ricordi dello scrittore di Vologda, fu pubblicato da Archinto nel 1993 nella traduzione di Luciana Montagnani.
I Racconti di Kolyma apparvero infine nella prima traduzione integrale mondiale presso Einaudi nel giugno 1999 a opera di Sergio Rapetti, per la prestigiosa collana “I millenni”, e contemporaneamente negli Einaudi Tascabili-Letteratura (avrebbero avuto numerose ristampe). “L’edizione Einaudi è completa, e in più è così come l’aveva concepita l’autore” scrisse Fausto Malcovati per “L’Indice dei Libri del Mese”, elogiando la traduzione di Rapetti, “meglio di così non si poteva fare” (1999). Basato sull’edizione definitiva russa pubblicata a Mosca nel 1998, il volume fu al centro di una vivace polemica, in seguito al rifiuto dell’editore di pubblicare la prefazione, commissionata a Gustaw Herling e realizzata in forma di dialogo con Piero Sinatti e la supervisione di Anna Raffetto. Alla vigilia della stampa del volume, Mauro Bersani, responsabile dell’area letteraria, annunciò la decisione a Herling e Sinatti, giustificando la scelta editoriale con ragioni stilistiche imposte dal cambio di collana e dichiarando che “il peso delle argomentazioni storiche” era “eccessivo rispetto alla discussione letteraria”. La risposta di Herling fu molto dura e la prefazione respinta, insieme al carteggio con l’editore torinese e alla ricostruzione della vicenda, fu data alle stampe integralmente nel maggio dello stesso anno dalla casa editrice napoletana L’Ancora del Mediterraneo con il titolo Ricordare, raccontare – conversazione su Šalamov: “Mi è difficile immaginare un lavoro su Šalamov concentrato sulla “discussione letteraria a scapito delle argomentazioni storico-politiche. La verità è che nessuno di voi, dirigenti della Einaudi, si è dato la pena di leggere i racconti, non dico tutti, ma almeno una decina. Se lo aveste fatto, sareste in grado di capire che il nostro dialogo, eccessivamente politicizzato e storicizzato, secondo Lei, è un modestissimo e moderatissimo commento alla bomba contenuta nell’opera di Šalamov” (Herling-Sinatti 1999: 12).
Il fatto ebbe notevole eco sui giornali italiani: del “giallo della prefazione” scrisse Paolo Mieli su “La Stampa” descrivendo l’edizione Einaudi come “un’intuizione geniale”, tradita dall’amara censura politica nei confronti di Herling – responsabile di un confronto inedito tra i lager nazisti e sovietici – segno dell’incapacità di “certa editoria italiana di misurarsi seriamente e in maniera definitiva con quel che è accaduto nei paesi comunisti tra il 1917 e il 1989”. Prese le difese di Herling e Sinatti anche Dario Fertilio in un articolo per “Il Corriere della Sera” dal titolo Il mio Salamov censurato: “È davvero possibile che al tramonto del secolo si continuino ad alzare cortine ideologiche attorno ai fatti?”. Il giorno seguente su “La Stampa” Vittorio Bo rispose, sottolineando l’importanza storica dell’edizione per i lettori italiani e sostenendo la scelta della redazione: “l’intervista non riesce, a nostro sindacabilissimo parere, a servire l’opera, cioè a darne spunti di sintesi e ampliamenti d’orizzonte”. Al dibattito prese parte anche lo stesso Sinatti, rivelando che la casa editrice gli aveva proposto di tagliare le parti in cui veniva affrontato il tema dell’”incomprensione del fenomeno gulag” e venivano menzionate le posizioni di Primo Levi, Italo Calvino e Norberto Bobbio: “Ci ha indignato il fatto che alla vigilia del 2000 tornassero fantasmi del passato, censure, totem e tabù di una volta. Come quelli che fino agli anni Novanta oscurarono Un mondo a parte o ritardarono il pieno riconoscimento della grandezza di Shalamov”. Indicativo della difficoltà con la quale l’opera di Šalamov fu accolta in Italia, il caso della prefazione censurata “per imbarazzo ideologico” (Battista per “Il Corriere della Sera”) pose i Racconti al centro dell’attenzione (tra il 1999 e il 2009 l’edizione Einaudi vendette circa 19.000 copie). Adelphi approfittò del “goffo incidente occorso alla concorrente” per riproporre la sua edizione parziale dei Racconti della Kolyma “infiocchettata da una fascetta in sovracopertina che, senza citare la fonte, strilla una frase tratta dall’espunta introduzione di Gustaw Herling” – come scriveva Luigi Amicone in un’intervista allo scrittore polacco per la rivista “Tempi” nel 1999.
Negli anni Duemila Šalamov conta in traduzione italiana, oltre alle diverse edizioni dei Racconti (la ristampa per ET scrittori e per Einaudi Scuola nel 2005, le undici edizioni Adelphi), la prosa autobiografica La quarta Vologda, edita da Adelphi a cura di Anna Raffetto, e una raccolta di cento poesie pubblicata nel 2006 presso l’editore milanese La Casa di Matriona con prefazione e traduzione di Angela Dioletta Siclari. Un’ulteriore conferma della fortuna di Šalamov in Italia, fuori dagli orizzonti della slavistica, si ha nelle parole di Pietro Citati, che definì i racconti “schegge di carne ferita, sottratte al tempo: eventi e immagini colti nella loro assoluta presenza” e il loro autore “un grande poeta in prosa” in un articolo per “la Repubblica” (12 settembre 2001), incluso poi tra i classici del Novecento nell’antologia La malattia dell’infinito nel 2008.
Poco dopo il centenario della nascita di Šalamov, celebrato da un convegno internazionale tenutosi a Berlino e ricordato in Italia da un articolo di Sinatti per “Il Sole 24 Ore”, tra il 2009 e il 2010 apparvero altri due importanti volumi. Per Mondadori uscì Alcune mie vite. Documenti segreti e racconti inediti, curato da Irina Sirotinskaja, Francesco Bigazzi e Sergio Rapetti, ricostruzione dei tre procedimenti giudiziari e dell’esperienza carceraria dell’autore che alterna brani tratti dalle memorie e documenti e materiali istruttori, apparsi in Russia sulla rivista “Znamja” in occasione della definitiva riabilitazione dello scrittore nel 2000 (al volume dedicò ampio spazio “il manifesto” con due articoli di Stefano Garzonio e Antonio Moscato). Presso Adelphi esce Višera. Antiromanzo, a cura di Claudia Zonghetti e con l’introduzione di Roberto Saviano La conferma del bene. L’autore di Gomorra vi afferma: “leggere Šalamov mi ha cambiato la vita”, e definisce la Kolyma “un inferno che i lettori non conoscono bene come quello di Auschwitz”, perché “attorno alle atrocità del comunismo sovietico dei gulag è calato il silenzio” (Saviano 2010).
Un anno prima, l’11 novembre 2009, proprio Saviano, ospite della trasmissione televisiva Che tempo che fa, aveva contribuito a far conoscere i Racconti di Kolyma al grande pubblico dichiarando: “Sicuramente non sarei l’uomo che sono se non li avessi letti. Lo considero uno dei tre libri fondamentali che hanno cambiato il mio modo di guardare le cose”. Nei mesi successivi l’opera di Šalamov era arrivata in testa alle classifiche dei tascabili (tra il 2009 e il 2010 l’edizione economica Einaudi vendette oltre 16.600 copie, Adelphi raggiunse le 40.000 –cf. Sinatti 2011: 132), determinando il moltiplicarsi di ristampe e nuove edizioni. Frutto dell’“effetto Saviano”, i Racconti uscirono nel 2010 per B.C. Dalai Editore (51 testi seguiti da un glossario), nella traduzione di Leone Metz e con prefazione di Leonardo Coen, e nel 2012 per Newton Compton a cura di Sinatti (19 testi corredati da una nota bio-bibliografica, e cenni storici sulla Kolyma). Nello stesso anno apparve anche il volumetto I libri della mia vita. Tavola di moltiplicazione per giovani poeti con due prose saggistiche dell’autore di Vologda (Sliškom knižnoe e Tablica umnoženija dlja molodych poėtov) nella traduzione di Anastasia Pasquinelli e Walter Minella, riedizione ampliata del testo apparso nel 1994.
In tempi recenti si segnala la mostra, organizzata da Literaturhaus Berlin e Memorial Italia, Varlam Šalamov: Vivere o scrivere. Un viaggio documentario, allestita in numerose città italiane tra il 2014 e il 2015, che ha permesso di ripercorrere la vita e l’opera dello scrittore di Vologda, ormai noto ai lettori italiani, con fotografie, filmati, testimonianze e documenti d’archivio. A dieci anni dalle ultime traduzioni italiane, si segnala, infine, la pubblicazione di una raccolta di poesie a cura di Gario Zappi per Giometti & Antonello (Quaderni della Kolyma, aprile 2021), che offre una selezione di 59 componimenti, alcuni dei quali già apparsi in rivista sul finire del secolo (“Rassegna sovietica”, “Arca”, “Slavia”).
Sebbene manchino a oggi monografie dedicate a Šalamov, oltre ai numerosi interventi di Vittorio Strada e Piero Sinatti, tra i contributi critici della slavistica italiana sono da segnalare l’intervento di Pietro Zveteremich nel 1982; il confronto con Solženicyn nella monografia di Mauro Martini, Oltre il disgelo (2002); il saggio di Angela Dioletta Siclari in apertura della silloge di poesie (La concezione dell’arte, 2006); l’articolo di Piero Sinatti, Fortuna di Šalamov in Italia (“Lo Straniero” 136, 2011); l’introduzione al volume Alcune mie vite del 2009 e il saggio di Sergio Rapetti, Varlam Šalamov. La luce della sofferenza (2015).
Come in Italia, traduzioni integrali dei Racconti di Kolyma sono apparse anche in Francia (Récits de la Kolyma, Verdier, 2003), Germania (Erzählungen aus Kolyma, Matthes&Seitz, in quattro volumi, 2007-2011), Spagna (Relatos de Kolimá, Minúscula, in sei volumi, 2007-2017). La più recente è la traduzione in lingua inglese, uscita in due volumi tra il 2018 e il 2020 (Kolyma Stories. Sketches of the Criminal World: Further Kolyma Stories, Norton).
La storia della ricezione italiana dei Racconti di Kolyma, “lenta e difficile, come lento e difficile è stato ed è ancora il processo di scoperta, ricostruzione e lettura del suo retaggio letterario” (Garzonio, “Il Manifesto”), dimostra la “tenace vitalità di un’arte capace di parlare al cuore e all’intelligenza di generazioni di lettori” (Rapetti 2015: 214). Passata quasi inosservata negli anni Settanta, l’opera di Šalamov è stata accolta nella sua interezza dagli anni Novanta, conoscendo un’ampia diffusione grazie alla prima edizione integrale dei Racconti, al dibattito sorto intorno al caso della prefazione rifiutata e alle nuove traduzioni nei primi anni Duemila. Si auspica che presto, oltre alla prosa, possa essere studiata e tradotta anche la sua poesia.
Anna De Ponti
[30 giugno 2021]
Bibliografia
Edizioni in lingua italiana
I racconti di Kolyma
- Šalamov V., Kolyma. Trenta racconti dal lager staliniani, introduzione e cura di Piero Sinatti, Savelli, Roma 1976 (19782 Kolyma. Racconti dai lager staliniani).
- Šalamov V., Nel lager non ci sono colpevoli. Gli ultimi racconti della Kolyma, introduzione a cura di Piero Sinatti, trad. a cura di Laura Salmon, Theoria, Roma-Napoli 1992.
- Šalamov V., I racconti di Kolyma, introduzione a cura di Victor Zaslavsky, trad. a cura di Anita Guido, Sellerio editore, Palermo 1992.
- Šalamov V., I racconti della Kolyma, trad. a cura di Marco Binni, Adelphi, Milano 1995 (19992 e sgg. 11 edizioni).
- Šalamov V., I racconti di Kolyma, introduzione a cura di Irina P. Sirotinskaja e Anna Raffetto, trad. a cura di Sergio Rapetti, Einaudi, collana “I millenni”, Torino 1999 (collana “I tascabili” 1999, ET Scrittori 2005).
- Šalamov V., Racconti di Kolyma, a cura di Marisa Visintin e Beppe Gouthier, Einaudi scuola, Milano 2005.
- Šalamov V., I racconti della Kolyma, pref. di Leonardo Coen, trad. a cura di Leone Metz, BC Dalai, Milano 2010 (20142), ebook 2015.
- Šalamov V., Racconti della Kolyma. Storie dei lager staliniani, trad. a cura di Piero Sinatti, Grandi Tascabili Economici Newton, Roma 2012 (20162).
I quaderni di Kolyma
- Šalamov V., Il destino di poeta, a cura di Angela Dioletta Siclari, La casa di Matriona, Milano 2006.
- Šalamov V., Quaderni della Kolyma, trad. a cura di G. Zappi, Giometti&Antonello, Macerata 2021.
Poesie scelte sono apparse nelle riviste
- “Rassegna sovietica”, trad. a cura di Gario Zappi, 5 (1990): 9-18.
- “La Nuova Europa”, trad. a cura di Anastasia Pasquinelli, 5 (1994): 40-48.
- “Arca”, V. Šalamov, Personale e confidenziale, trad. a cura di Gario Zappi, 6 (2000): 7-17.
- “Slavia”, V. Šalamov, Lo strumento, trad. a cura di Gario Zappi, 4 (2004): 45-47.
- “La Nuova Europa”, Varlam Šalamov, la poesia come destino, trad. a cura di Angela Dioletta Siclari, 3 (2006): 41-49.
- “Lo straniero”, V. Šalamov, Poesie, trad. a cura di Angela Dioletta Siclari, 131 (2011): 5-10.
Prosa autobiografica e saggistica. Carteggio con Boris Pasternak
- Šalamov V., La quarta Vologda, a cura di Anna Raffetto, Adelphi, Milano 2001 (20102).
- Šalamov V., Pasternak B., Parole salvate dalle fiamme. Lettere 1952-1956. E Ricordi di V. Šalamov, a cura di Luciana Montagnani, R. Archinto, Milano 1993 (20092).
- Šalamov V., Alcune mie vite: documenti segreti e racconti inediti, a cura di Francesco Bigazzi, Sergio Rapetti e Irina Sirotinskaja, Mondadori, Milano 2009.
- Šalamov V., Višera: antiromanzo, introduzione di Roberto Saviano, trad. a cura di Claudia Zonghetti, Adelphi, Milano 2010.
- Šalamov V., I libri della mia vita; Tavola di moltiplicazione per i giovani poeti, trad. a cura di Anastasia Pasquinelli e Walter Minella, Ibis, Como-Pavia 2012.
Edizioni straniere (in ordine cronologico)
- Schalanow W., Artikel 58, Die Aufzeichnungen des Häftlings Schalanow, Friedrich Middelhauve Verlag, Köln 1967.
- Chalamov V., Article 58: Mèmoires du Prissonier Chalanov, trad. par Marie-Louise Ponty, Gallimard, Paris 1969.
- Chalamov V., Rècits de Kolyma, trad. par Katia Kerel & Olivier Simon, Denoël, Paris 1969.
- Scammell M., Russia’s Other Writers. An Anthology of Samizdat, Longman, London 1970.
- Schalamow W., Kolyma: Insel im Archipel, Übers. von Gisela Drohla, Langen-Müller, München 1975.
- Šalamov V., Kolymskie rasskazy, pred. Michaila Gellera, Overseas Publications Interchange, London 1978.
- Chalamov V., Récits de Kolyma, voll. I-III (Kolyma I: Recits de la vie des camps; Kolyma II: La nuit; Kolyma III: L’homme transi), préf. Andrei Siniavski, trad. par Catherine Fournier, Librairie François Maspero, Paris 1980-1982 (19862).
- Shalamov V., The Kolyma Tales, trans. and pref. by John Glad, W. W. Norton, New York 1980.
- Shalamov V., Graphite, trans. and pref. by John Glad, W. W. Norton, New York 1981.
- Šalamov V., Kolymskie rasskazy, pred. Michaila Gellera, YMCA press, Paris 1982 (1985).
- Šalamov V., Voskrešenie listvennicy, s priloženiem “Kratkogo žizneopisanija Varlama Šalamova, sostavlennogo im samim” YMCA press, Paris 1985.
- Shalamov V., The Kolyma Tales, trans. by John Glad, Penguin Books, New York 1994.
- Chalamov V., Récits de la Kolyma, trad. par Sophie Benech, Catherine Fournier, Luba Jurgenson, préface de Luba Jurgenson, Éd. Verdier, Paris 2003.
- Schalamow W., Durch den Schnee. Erzählungen aus Kolyma (2007); Linkes Ufer (2008); Künstler der Schaufel (2010); Die Auferweckung der Lärche (2011), Übers. von Gabriele Leupold (Hg.), Nachwort, Glossar und Anm. Franziska Thun-Hohenstein, Matthes & Seitz, Berlin.
- Shalàmov V., Relatos de Kolimá (2007); La orilla izquierda (2009); El artista de la pala (2010);. La resurrección del alerce (2011); El guante o RK-2t (2013); Ensayos sobre el mundo del hampa (2017), trad. Ricardo San Vicente, Minúscula, Barcelona.
- Shalamov V., Kolyma Stories, trans. by D. Rayfield, NYRB Classics, New York 2018.
- Shalamov V., Sketches of the Criminal World: Further Kolyma Stories, trans. by D. Rayfield, NYRB Classics, New York 2020.
Edizioni sovietiche
- Šalamov V., Proza, Stichi, “Novyj Mir”, 6 (1988): 106-151.
- Šalamov V., Kolymskie rasskazy, “Na severe dal’nem”, 2 (1988): 3-76.
- Šalamov V., Dva rasskaza, “Moskva”, 9 (1988): 133-138.
- Šalamov V., Kolymskie rasskazy, “Junost’”, 10 (1988): 36-53.
- Šalamov V., Iz Kolymskich rasskazov, in Zarok: Povest’, rasskazy, vospominanija, Molodaja Gvardija, Moskva 1989: 299-430.
- Šalamov V., Novaja proza: iz černovych zapisej 70-ich godov, “Novyj mir”, 12 (1989): 3-71.
- Šalamov V., Kolymskie rasskazy, in Podvig (pril. k žurnalu “Sel’skaja Molodež’”, 4 (1989): 5-145.
Edizioni russe
- Šalamov V., Kolymskie rasskazy v dvuch tomach, pod red. I. P. Sirotinskaja, Russkaja Kniga, Moskva 1992.
- Šalamov V., Kolymskie rasskazy v dvuch tomach, I. P. Sirotinskaja (sost., avtor vstupitel’noj stat’i), Naše nasledie, Moskva 1992.
- Šalamov V., Kolymskie rasskazy, Sovetskaja Rossija, Moskva 1992.
- Šalamov V., Vospominanija, podgot. teksta i publ. I. P. Sirotinskaja, “Znamja”, 4 (1993): 114-170.
- Šalamov V., Sobranie sočinenij v četyrëch tomach, sost. i red. I. P. Sirotinskoj, “Kolymskie rasskazy”, Chudožestvennaja Literatura-Vagrius, Moskva 1998.
- Šalamov V., Novaja kniga: Vospominanija, zapisnye knižki, perepiska, sledstvennye dela, pod red. I. P. Sirotinskaja, Moskva 2004.
Fonti secondarie (in ordine cronologico)
- Rawicz P., Les récits de Varlam Chalamov, “Le Monde”, 25 aprile 1970.
- Herling G., Il racconto del prigioniero Shalamov, “Il Corriere della Sera”, 15 marzo 1971.
- Levi P., Dai Lager di Stalin, “La Stampa”, collana “Tuttolibri”, 25 settembre 1976.
- Strada V., Se il lager diventa uno specchio, “la Repubblica”, 20 ottobre 1976.
- Herling G., Auschwitz staliniana, “Il Giornale”, 17 novembre 1976.
- Mal’cev Ju., L’altra letteratura (1957-76). La letteratura del samizdat da Pasternak a Solženicyn, La casa di Matriona, Milano 1976: 174-182.
- Sinatti P., Scrittore e poeta dissidente dopo 25 anni di “gulag” si spegne abbandonato da tutti, “Stampa Sera”, 25 novembre 1981.
- Romani R., A Kolyma, oltre la soglia del dolore, “L’Unità”, 14 maggio 1981.
- Romani R., Shalamov, il superstite, “L’Unità”, 26 gennaio 1982.
- Sinatti P., Poeta all’inferno. Scialamov nel gulag staliniano, “Stampa Sera”, 26 gennaio 1982.
- Kanevskaja I., Pamjati avtora “Kolymskich rasskazov”, “Posev”, 3 (1982): 46-47.
- Zveteremich P., Šalamov, Vachtin: e altre vittime, “Nuova Rivista Europea”, 27 (1982): 65-70.
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- Sinatti P., Shalamov, la colpa di essere un poeta, “Stampa Sera”, 28 gennaio 1985.
- Sinatti P., II Gulag non ha ucciso il larice di Shalamov, “Stampa Sera”, 6 gennaio 1986.
- Ceronetti G., Vie della Croce, “La Stampa”, 30 agosto 1987.
- Ceronetti G., Crepare dentro l’amore, “La Stampa”, 18 febbraio 1988.
- Sinatti P., Varlam Scialamov, Fu amato da Pasternak quell’ospite del gulag, “Domenica”, n. 198, 7 agosto 1988.
- Sinatti P., Voci dal girone di ghiaccio, “Domenica”, n. 39, 9 febbraio 1992.
- Battista P., Herling due volte fra i rossi, “La Stampa”, 24 marzo 1992.
- Battista P., Gulag meglio del lager; lo ha detto Primo Levi, “La Stampa”, 20 novembre 1992.
- Strada V., Uno scrittore all’inferno. Šalamov, grida dal Gulag, “Corriere della Sera”, 5 dicembre 1992.
- Ceronetti G., Un grido dalla Siberia, “TuttoLibri”, 12 dicembre 1992.
- Brewer M., Varlam Shalamov’s Kolymskie Rasskazy: The Problem of Ordering, University of Arizona, 1995.
- Spinelli B., Prose gelide come cristallo scritte per la morte. Un urlo contro l’oblio, “La Stampa”, 25 gennaio 1995.
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- Herling G., Sinatti P., Ricordare, raccontare – conversazioni su Šalamov, a cura di A. Raffetto, L’Ancora, Napoli 1999.
- Mieli P., Herling, Einaudi e il giallo della prefazione, “La Stampa”, 23 maggio 1999.
- Fertilio D., Herling – Il mio Salamov censurato, “Il Corriere della Sera”, 24 maggio 1999.
- Bo V., Ma con lo stalinismo abbiamo fatto i conti, “La Stampa”, 25 maggio 1999.
- Strada V., E Solgenitsin punge Salamov:“Nostalgico della Rivoluzione”, “Corriere della sera”, 29 maggio 1999.
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- Saviano R., Il gulag di Šalamov mi ha cambiato la vita, “Domenica”, 4 luglio 2010.
- Ghini G., Questo è un uomo nonostante il gulag, “Il Giornale”, 29 aprile 2010.
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- Perrini F., Varlam Šalamov. Scrittura e lacrime per la memoria della Kolyma, “Giornale di Brescia”, 17 ottobre 2014.
- Rapetti S., Varlam Šalamov: il dovere della memoria, CCDC, Brescia, 22 ottobre 2014.
- Perrini L., Šalamov, poesia-verità. Il gulag sulla sua pelle, “Il Corriere della Sera”, 22 ottobre 2014.
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- Varlam Šalamov, vivere o scrivere – un viaggio documentario, a cura di G. De Florio, E. F. Piredda, M. C. Ghidini, Memorial Italia e Literaturhaus Berlin, 2015.
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- Rapetti S., Varlam Šalamov. La luce della sofferenza, in A. Bonola, M. Calusio (a cura di), Il nostro sogno di una cosa. Saggi e traduzioni per Serena Vitale, Archinto, Milano 2015: 205-218.
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- Ginzburg L., I gulag secondo Šalamov: cronaca e denuncia col rigore del poeta, “Avvenire”, 30 aprile 2019.
- Nič D., Konspekt poslelagernoj biografii Varlama Šalamova. Bibliografija: Tamizdat 1966-1988, Ličnoe izdanie 2020 https://imwerden.de/pdf/nich_konspekt_poslelagernoi_biografii_shalamova_2020__txt.pdf online (ultimo accesso: 30/06/2021).
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- Calusio M., Arcipelago Gulag, in Portale di ricerca Alle due sponde della cortina di ferro: e culture del dissenso in Italia, Francia, URSS (1956-1991), a cura di C. Pieralli, T. Spignoli, https://www.culturedeldissenso.com/arcipelago-gulag-2/ online (ultimo accesso: 30/06/2021).
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Cita come:
Anna De Ponti, La ricezione italiana de “I Racconti di Kolyma”: un percorso storico-bibliografico, in Voci libere in URSS. Letteratura, pensiero, arti indipendenti in Unione Sovietica e gli echi in Occidente (1953-1991), a cura di C. Pieralli, M. Sabbatini, Firenze University Press, Firenze 2021-, <vocilibereurss.fupress.net>.
eISBN 978-88-5518-463-2
© 2021 Author(s)
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