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S. Rapetti.

 

Studioso di letteratura e cultura russa, Sergio Rapetti (1941) ha promosso e tradotto in Italia decine di opere di autori del dissenso in URSS come Aleksandr Solženicyn, Andrej Sinjavskij, Varlam Šalamov, in epoca sovietica e post-sovietica. Continua tuttora l’attività di consulente e traduttore.
Collaborando nel tempo con associazioni come Russia cristiana (Milano), Kontinent (Parigi) e i Gruppi Helsinki (Mosca, Roma), Memorial Italia e Memorial Internazionale, ha contribuito alla realizzazione di numerose iniziative di sostegno alla liberta del pensiero e della cultura in URSS.
Il suo interesse verso il mondo culturale russo nasce grazie alla sua importante storia familiare: come lo stesso Rapetti racconta in un’intervista rilasciata nel marzo 2019 (cf. Larocca, Pieralli), la madre e la nonna erano russe e “nel 1938 erano state costrette a emigrare dall’URSS [giungendo a Milano], senza il capofamiglia che nella primavera di quell’anno, a Kislovodsk, alle pendici del Caucaso, dove abitavano, era stato arrestato in una tornata del Grande Terrore e trasferito in carcere a Batumi, da dove non aveva più fatto ritorno” (ibid.). L’ambiente editoriale milanese in cui si muove il giovane Rapetti mostra uno sguardo particolare nei confronti della cultura russo-sovietica e permette al traduttore di entrare in contatto con editori come Jaca Book, Arnoldo Mondadori, Vallecchi e Garzanti. Per il primo pubblicherà, con lo pseudonimo Nicola Sorin e insieme a J. Ibsen (pseudonimo di Giovanni Bensi), Testi letterari e poesie da riviste clandestine dell’URSS, offrendo un taglio inedito alla diffusione della cultura del russkij andergraund, ovvero l’attenzione per la vasta attività dei periodici alternativi. Anche il Libro bianco sul caso Sinjavskij e Daniėl’ di Aleksandr Ginzburg (1967, uscito sempre con lo pseudonimo di Nicola Sorin) è frutto della collaborazione tra Jaca Book e Rapetti, che getta un cono di luce sul processo ai due scrittori di cui, oltre al contributo di Ginzburg, si ha notizia in particolare grazie al bollettino clandestino Cronaca degli avvenimenti correnti.
Rapetti avrebbe poi arricchito il catalogo di Jaca Book con titoli come Il mestiere dello scrittore: tra autoritarismo e sfruttamento di Solženicyn (1979) e La ballata di Savva, Abitiamo la terra: due romanzi brevi nonché L’arca dei non chiamati di Vladimir Maksimov (1981 e 1982). Per Mondadori, presso il quale lavora in quegli anni come redattore editoriale, traduce, tra gli altri libri, Il fedele Ruslan (1976) di Georgij Vladimov e Vita e straordinarie avventure del soldato Ivan Čonkin di Vladimir Vojnovič (1979, poi Einaudi 1996), oltre ad alcune opere di Solženicyn che dopo il 1974 gli erano state affidate su espressa richiesta dell’autore. Per Vallecchi cura Indietro nell’acqua scura di Lidija Čukovskaja (1979) e per Garzanti, infine, editore più attento soprattutto negli anni Sessanta alla ristampa dei classici della letteratura russa, Rapetti diventa il traduttore di Sinjavskij (Nell’ombra di Gogol’, 1980, scritto con lo pseudonimo di Abram Terz [Terc] e Buona notte! Romanzo, 1987).
In Italia, come in Europa, sono gli anni della contestazione, del vivace fermento studentesco che porta, anche e soprattutto da parte delle voci più giovani, a un atteggiamento critico nei confronti del PCI rispetto alle scelte di Mosca (l’invasione di Praga e, prima, dell’Ungheria, la sudditanza generale verso la politica repressiva del PCUS). In questo torno di tempo, Rapetti è in stretti rapporti con gli intellettuali e le case editrici dell’emigrazione come Posev di Francoforte, la rivista politico-letteraria “Grani”, la YMCA Press e il “Vestnik RChD” (Messaggero del Movimento cristiano russo) di Parigi, canali principali per la circolazione della cultura non allineata fuori dai confini dell’URSS, stabilendo, inoltre, durevoli rapporti con alcuni esponenti di un altro autorevole periodico dell’emigrazione russa, “Kontinent”. Tra questi Vladimir Maksimov, e Natal’ja Gorbanevskaja, poetessa, scrittrice e giornalista, già importante voce del dissenso in patria e nell’emigrazione (cf. ibid.).
Rapetti ricorda di aver collaborato con “Kontinent” “dal numero 10 (1976) […] al numero 70 (1992), ultimo uscito a Parigi prima del trasferimento della testata a Mosca” (ibid.) e di aver contribuito in particolare al coordinamento della partecipazione di esponenti del Comitato di redazione della rivista ad alcuni eventi, nonché all’organizzazione in Italia di iniziative importanti come, per citare la prima e l’ultima, i convegni internazionali “Un continente per la cultura”, promosso dalla rivista e dalla Fondazione Konrad Adenauer (Milano, 21-22 maggio 1983) e “Una sindrome del post-totalitarismo. Il problema nazionale in URSS: rinnovamento o guerra civile” (Roma, 15-16 ottobre 1990). Quest’ultimo fu patrocinato, oltre che dalla parigina “Kontinent”, anche “dal Centro culturale Mondoperaio, dal Comitato Italiano Helsinki e da giornali e riviste di Mosca […] importanti scrittori come Čingiz Ajtmatov (latore di un messaggio di Gorbačëv), Viktor Astaf ’ev e Valentin Rasputin, l’accademico Dmitrij Lichačëv, con tavole rotonde gremite di esponenti del dissenso, di illustri giornalisti e sovietologi da tutto il mondo” (ibid.).
Rapetti, dunque, si manifesta fra le personalità più attive e intellettualmente vive nella diffusione in Italia della cultura non ufficiale in Unione Sovietica, nella convinzione che la tormentata stagione fra gli anni Sessanta e Settanta abbia avuto fini e lucidi interpreti, degni di essere annoverati nel pantheon della cultura mondiale e per questo di meritare il giusto spazio editoriale. Nella sua interpretazione del dissenso emergono due elementi speculari, uno riguardante la reale immagine del fenomeno e l’altro la sua rappresentazione nella cultura italiana. Per lo studioso, il dissenso “nelle sue varie componenti non ha quasi mai avuto piattaforme ideologiche né programmi politici di alternativa al regime al quale chiedeva semplicemente il rispetto degli elementari diritti umani, peraltro garantiti dalla stessa Costituzione sovietica, ricevendone persecuzioni e condanne” (ibid.).
È pur vero, come sostiene il traduttore, che una parte del dissenso abbia “individuato nell’“eurocomunismo”, visto come critico di certe politiche dell’URSS, l’ideale […] punto d’appoggio e di difesa”, ma questo rimane un dibattito circoscritto soprattutto ai Gruppi Helsinki che cercano l’interlocuzione dei corrispondenti a Mosca dei giornali comunisti in Italia e in Francia, “meravigliandosi di trovarli ‘spaventati a morte’ alla prospettiva di pubblicare i loro appelli (che sarebbero stati ospitati in Italia e Francia da testate d’altro orientamento)” (cf. ibid.). In Italia si è troppo spesso interpretato il fenomeno in chiave strettamente politica, in particolare pretendendo da emigrati e dissidenti rimasti a difendere le loro idee in patria “credenziali di ‘idoneità’ […] mai comunque ritenute soddisfacenti” (ibid.). Questo evidentemente si è verificato a causa di una mancata “resa dei conti” con il passato e con “la più autentica natura del bolscevismo-comunismo in Unione Sovietica” – il volto repressivo – che il dissenso mette in luce (cf. ibid.) e che buona parte della cultura italiana, soprattutto quella di area comunista, ha deciso di ignorare. Il duraturo e talvolta definitivo fraintendimento in questa specifica ricezione italiana del fenomeno può essere spiegato dunque, secondo Rapetti, con la mancata volontà di comprendere un paradigma culturale non tanto interessato ad acquisire una sponda politica, quanto desideroso di esprimere liberamente la propria identità, culturale e letteraria, ed essere davvero compreso sia in patria sia oltre i confini nazionali.
Quest’opera di costante conoscenza e oculata analisi del dissenso porta lo studioso all’incontro con i principali protagonisti del fenomeno – i citati Solženicyn, Sinjavskij, Vladimov, Maksimov, ma anche Andrej Sacharov e la moglie Elena Bonnėr, Aleksandr Ginzburg e la moglie Arina, Jurij Orlov, Sergej Kovalev, padre Gleb Jakunin e poi Jurij Mal’cev, uno dei pochissimi dissidenti stabilitisi in Italia, e altri ancora – e gli consente di condividere con loro l’impegno nel campo della cultura e della difesa dei diritti dell’uomo.
Una simile sensibilità, unita all’intensa attività di divulgazione della cultura alternativa, comporta per lui gli inconvenienti di telefonate e visite sgradite nel suo studio milanese, dopo che, durante un suo viaggio a Mosca nel novembre 1977 e la visita a Sacharov e a due degli scrittori non allineati al regime, aveva subito, come lo stesso Rapetti ricorda, la stretta sorveglianza del KGB, “una settimana di pedinamenti 24 h su 24, minacce e perquisizioni”, prodromi della decisione da parte delle autorità sovietiche di negargli per il futuro il visto d’ingresso in URSS. Il divieto sarebbe durato fino al maggio 1991, quando, su invito della moglie di Sacharov, gli viene consentito di partecipare al Congresso tenutosi a Mosca in memoria del dissidente (cf. ibid.).
La traduzione della letteratura russa a suo tempo proscritta o della nuova letteratura post-sovietica finalmente affrancata dalla censura rimane il campo privilegiato da Rapetti anche durante gli anni Novanta e Duemila, quando per Einaudi traduce la prima edizione integrale dei 145 Racconti di Kolyma di Varlam Šalamov (1999) ed Ego di Solženicyn (2012), che presenta due degli otto “racconti in due parti” che il Nobel russo ha scritto negli anni tra il 1993 e 1998 (gli altri sei racconti, pure tradotti, vengono pubblicati da Jaca Book). Altri autori a cui si è dedicato in questi ultimi anni sono Vladimir Makanin, Andrej Volos e la Nobel Svetlana Aleksievič. Del 2017 è la cura dell’ebook Dalla censura e dal samizdat alla libertà di stampa. URSS 1917-1990. Catalogo della mostra a cura di Boris Belenkin ed Elena Strukova con altri saggi (goWare, Memorial) e recente è il volume Ritorno in Russia. 1994-2008. Saggi, discorsi e interviste di Solženicyn, opera accompagnata da un’introduzione di Ermolaj Solženicyn (Marsilio Editori, Venezia 2019).

Giuseppina Larocca
[30 giugno 2021]

Bibliografia

Versione aggiornata di: Larocca G., Sergio Rapetti, in C. Pieralli, T. Spignoli, F. Iocca, G. Larocca, G. Lo Monaco (a cura di), Alle due sponde della cortina di ferro. Le culture del dissenso e la definizione dell’identità europea nel secondo Novecento tra Italia, Francia e URSS (1956-1991), goWare, Firenze 2019: 403-407.

Cita come:
Giuseppina Larocca, Sergio Rapetti, in Voci libere in URSS. Letteratura, pensiero, arti indipendenti in Unione Sovietica e gli echi in Occidente (1953-1991), a cura di C. Pieralli, M. Sabbatini, Firenze University Press, Firenze 2021-, <vocilibereurss.fupress.net>.
eISBN 978-88-5518-463-2
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